

W.E. Edoardo e Wallis

Intrappolata in un matrimonio senza amore a Manhattan, maltrattata e frustrata, Wally non fa che pensare a Wallis Simpson, l'elegante divorziata americana che ha conquistato il cuore di Edoardo VIII, disposto per lei ad abdicare al trono d'Inghilterra. Come Duchessa di Windsor, Wallis passa il resto della sua vita nella luce di un esilio dorato. Ispirata dalla determinazione della Duchessa a perseguire l'amore anche di fronte all'esilio sociale, Wally finisce tra le braccia di un altro uomo, il cui amore la libera.

Di solito la regola è questa: non importa se il tuo primo successo è
stato una hit pazzesca, per dimostrare che hai talento devi confermare –
se non addirittura superare – le aspettative del tuo pubblico. Nel 2008 Madonna ha diretto l'interessante commedia “Sacro e profano”,
storia di tre ragazzi travolti dalla frenesia di Londra e in preda a
povertà, delusioni amorose e altre calamità naturali. Un'opera
deliziosa. Ecco perché attendevamo con ansia questo secondo
lungometraggio.
Purtroppo “Edward e Wallis” (in originale “W.E.”) alla fine risulta confusionario e troppo carico di tutto: di immagini, di storia, di minuti in più. A metà strada tra “Possession” (con Gwyneth Paltrow e Aaron Eckhart che bruciano di passione letteraria e amorosa) e “The Hours”,
il film di Madonna salta avanti e indietro nel tempo, ripercorrendo le
vite di Wallis Simpson e Edward re d'Inghilterra, un personaggio già
consacrato cinematograficamente da “Il discorso del Re” (in quel film era interpretato da Guy Pearce). La
regista mira a realizzare un biopic non tradizionale e scavare a fondo
nell'animo dei suoi protagonisti, riuscendo in parte nel suo intento e contrapponendo al mondo di corte di metà novecento la New York
contemporanea. Punto vincente è quello di affidare il pubblico allo
sguardo della bella Abbie Cornish, per guidarci verso l'esplorazione del passato. E non stonano alcuni momenti di pura madness, come la sequenza musicale nel bel mezzo di un evento in costume che vede tutti i reali ballare a ritmo di “Pretty Vacant” dei Sex Pistols.
Esagerato da un punto di vista visivo, il film presenta troppi
ralenti e una fotografia della Londra degli anni Trenta troppo simile a
una pubblicità di cosmetici costosi. Detto questo, lodiamo comunque la carica emotiva utilizzata dalla regista. Le
passioni ossessive dei personaggi sono sempre credibili e non c'è
dubbio che le protagoniste femminili diano vita a personaggi decisamente
interessanti. Peccato che il ritmo del film si blocchi
improvvisamente nell'ultima mezz'ora e che abbandoni la strada del
biopic sperimentale per trasformarsi più in una cronaca standard degli
eventi. L'augurio, comunque, è che la signora Ciccone non molli e
continui in futuro a gridare “azione” sui suoi set.