

Soul Kitchen

Zino è il proprietario di un ristorante che si chiama Soul Kitchen. Purtroppo per l'uomo, gli affari non vanno molto bene, e proprio per risollevare le sorti della sua attività chiederà l'aiuto del fratello Illias.

Fatih Akin
si da alla commedia. Lo fa con una storia ricca di humour, sapiente
nell'utilizzo di tutti quegli espedienti che rendono le analoghe
pellicole americane prodotti di grande successo, aggiungendoci quella
sua maturale abilità nel ritrarre con profondità i piccoli spazi e le
dinamiche familiari che lo ha reso famoso. Nato in Germania da genitori
turchi, Akin è oggi uno dei registi europei (e allo stesso tempo non
europei) più vari e coraggiosi, capace di straziare il cuore con "La sposa turca" e poi dedicarsi ad un documentario musicale come "Crossing the Bridge: The Sound of Istanbul".
Ancora una volta al centro della sua storia vi è una famiglia non
propriamente tedesca, come ormai, del resto, è buona parte della
società germanica. Protagonisti infatti sono due fratelli di origini
greche, uno impegnato nella gestione del ristorante "Soul Kitchen",
l'altro carcerato in semilibertà senza alcuna voglia di lavorare, ma
bisognoso di un contratto di lavoro per potere uscire ogni giorno dalla
prigione. Mentre quello con la testa a posto mette in progetto l'idea
di trasferirsi a Shanghai dove è andata a lavorare (è una giornalista)
la fidanzata, l'altro, lo scapestrato, passa le giornate al chiosco
delle scommesse. Il fratello ha però bisogno di lui: vuole lasciare il
ristorante a qualcuno e crede che sia il momento giusto di credere in
una persona che più che mai ha necessità di fiducia per entrare
finalmente nei giusti ranghi. Le cose però non andranno, come ben vi
potete immaginare, come dovrebbero andare...
Uno spunto narrativo molto convenzionale viene affrontato con
l'apprezzabile volontà di far divertire il pubblico senza caricarlo di
particolari pesi drammatici o svolte malinconiche. Aiutato da una
colonna sonora che tiene sempre sostenuto il ritmo del racconto, e ben
sfruttando le belle facce comiche di Adam Bousdoukos e Moritz Bleibtreu, Fatih Akin
confeziona un film gradevole e fluido. Non c'è morale o volontà di far
passare un qualche tipo di messaggio. Come una in una favola di Disney
tutto va al posto giusto al momento giusto. Forse non è un film da "concorso" a Venezia (come invece è stato inserito), ma è senza dubbio
uno dei più divertenti del Festival. Non è affatto poco.