

I fantastici viaggi di Gulliver

In una versione moderna del classico romanzo, impostata come una commedia per famiglie in 3D, Jack Black è Lemuel Gulliver, un addetto alla posta di un quotidiano di New York. Dopo che Gulliver ottiene con l'inganno l'incarico di scrivere un pezzo sul triangolo delle Bermuda, si reca sul posto, dove viene trasportato in una terra sconosciuta, Lilliput. In questo fantastico nuovo mondo, Gulliver diventa finalmente una personalità importante, aumentando sia in dimensioni che in ego, soprattutto dopo che inizia a descrivere racconti mirabolanti, prendendosi il merito delle maggiori invenzioni del suo mondo e collocandosi al centro degli eventi storici più rilevanti. La posizione di Gulliver migliora ulteriormente quando conduce i suoi nuovi amici in una coraggiosa battaglia contro i loro storici nemici. Ma quando Gulliver perde e mette in pericolo i lillipuziani, deve trovare il modo di aggiustare la situazione. Alla fine, Gulliver diventa un vero gigante tra gli uomini solo quando capisce che è la grandezza interiore quella che conta veramente.

Chi se li ricorda i “Viaggi di Gulliver” degli anni Sessanta o
peggio ancora dei Trenta? Nessuno direi. Ormai è una certezza che le
nuove generazioni non possiedono un briciolo di memoria storica, né la
voglia di riscoprire il passato. Figuriamoci poi un film del genere
governato dagli effetti speciali, che “sa di vecchio” già dopo un
decennio.
Quindi eccoci qui pronti ancora una volta a ricantare le gesta di Lemuel Gulliver, l'intrepido inglese… ooops, no. La nuova versione è nuova anche nel continente. Ora siamo in America e Gulliver è un fattorino di una casa editrice. L'unica cosa che gli è rimasta dal libro di Swift è il ridicolo nome: Lemuel appunto, oltre i nanetti, ovviamente.
Jack Black, il Gulliver, è da sempre innamorato di una ragazza dei piani alti, Darcy (Amanda Peet),
ma non riesce a trovare il coraggio per fare il primo passo. Quando il
mondo inizia a crollargli addosso, compie il grande salto e prova a
cambiare la sua vita, ma ovviamente le cose prendono la piega sbagliata.
Lemuel si ritrova catapultato su un'isola sconosciuta popolata da
lillipuziani (che poi sarebbero i piccolissimi abitanti di Lilliput da
cui nel tempo si è coniato l'aggettivo, ma questa è un' altra storia)
fermi praticamente all'età industriale. Gulliver diventa così una
personalità, non solo per le dimensioni, e si crogiola in questa
improvvisa popolarità.
Non saranno tutte rose e fiori però, Darcy scopre le sue bugie, il generale Edward,
che lo odia sin dal primo momento, ordisce complicate trame per
screditarlo e riconquistare il favore reale, soprattutto della
principessa, mentre le forze ostili del vicino regno si apprestano
all'attacco.
Il film sfrutta i primi due libri dell'opera di Swift, riadattandoli ad un gusto moderno e ad un target giovane.
Jack Black è la punta di diamante di questa operazione, di restyling
forte del suo carisma rockettaro e della sua forte carica comica ormai
consolidata. Amanda Peet è la romantica controparte anche se la vera
eroina femminile è Emily Blunt nella parte della principessa di Lilliput. La sorpresa migliore è, però, Chris O'Dowd,
il perfido generale disposto a tutto per mantenere lo status quo e la
mano dell'amata Principessa. Il suo “cattivo” è stereotipato come pochi
altri e riesce a restituirci tutta una galleria di personaggi simili
prima di lui (ci auguriamo volontariamente).
La storia, seppur rivisitata, scorre senza cali di tensione. Soprattutto i racconti di Gulliver che farcisce la sua vita di aneddoti e cultura pop, indimenticabile il “sono io tuo padre!” di lucasiana memoria. Ma alla fine il vero protagonista è il film stesso. Il regista Rob Letterman si concentra infatti sulla grandeur del progetto, sull'enfatizzazione
del piccolo contro il grande e viceversa. Il cuore della pellicola è
tutto lì. Sarà perché Letterman è più o meno digiuno di
direzione attoriale, provenendo dall'animazione, sarà perché alcuni dei
protagonisti sembrano essere un po' in “gita al mare”, sarà soprattutto
perché il 3D è a dir poco scarso, ma questa è una
malattia piuttosto diffusa, alla fine quello che resta è la gioia di un
piccolo mondo popolato da formichine operose vestite come alla corte di
Versailles e questo può valere la pena.