Fahrenheit 451
In una società futura, disumana e dispotica, tutti i libri sono fuorilegge. I pompieri hanno il compito di trovarli e bruciarli tutti. Montag, capo di una centrale operativa di pompieri, scopre la bellezza della lattura e lotta invano per ditruggere il sistema che vieta il possesso di libri...
VALUTAZIONE FILM.IT
TITOLO ORIGINALE
Fahrenheit 451
GENERE
NAZIONE
Francia
REGIA
CAST
DISTRIBUZIONE
Universal Pictures Italia
DURATA
117 min.
USCITA CINEMA
ANNO DI DISTRIBUZIONE
1966
di Mattia Pasquini
Quando si affronta un classico di questo livello i rischi sono immensi, lo abbiamo sempre detto, eppure non è detto che si debba sempre assistere a uno spettacolo come quello offerto dal Rollerball di John McTiernan. Una storia che aveva molto in comune con quella messa in scena nel Fahrenheit 451 di Ramin Bahrani (A qualsiasi prezzo, 99 Homes), distopico e fantascientifico, come d'altronde era il film originale di François Truffaut, anch'esso ispirato al romanzo del 1953 di Ray Bradbury.
Oggi vediamo l'autore statunitense dato alle fiamme, in una delle scene clou del film, che ha l'indubbio merito di non tentare la via del remake, ma che non sempre riesce a offrire una rilettura convincente del testo originario. Inevitabilmente aggiornato, con una serie di trovate forse nemmeno troppo originali e qualche idea interessante. Ray non avrebbe potuto spingersi tanto in là, ma oggi siamo in un mondo nel quale un dente rotto si può ristampare, dove si comunica con 60 termini in tutto e dove si bruciano computer oltre ai testi cartacei. E che forse non avrebbe sentito il bisogno - narrativamente - di offrire al pubblico la ormai nota deriva forcaiola e anestetizzante insieme dei social (qui 'The 9', con immancabile Dark Web).
Un mondo nel quale gli unici libri consentiti sono Gita al faro di Virginia Woolf, il Moby Dick di Melville e La Bibbia (ovviamente 'tradotti' e infarciti di emoticons) non poteva non mostrare delle crepe, ma forse proprio il farne la premessa della crisi finale di Montag - che in segreto conserva una VHS di Blockbuster di Taxi Driver e dei fotogrammi di Cantando sotto la pioggia - indebolisce la drammatica epifania alla quale eravamo preparati. È apprezzabile certo la scelta di evidenziare una dinamica psicoanalitica di rimozione e catarsi, ma molte tappe dell'evoluzione del personaggio e della storia sembrano rispondere più a una necessità verso il consumatore finale che a una libera scelta creativa.
Anche visivamente, abbiamo una macchina da presa che spesso si muove in maniera concitata addosso ai protagonisti più che costruire intorno a loro un contesto strutturato, per poi staccare su grattacieli 'social' alla Blade Runner o tentare la carta a sorpresa di panoramiche da fisheye piuttosto scollegate dal resto. Un peccato, visto che tutto sommato vedere il capitano Beatty di Michael Shannon (il migliore del trio completato da Michael B. Jordan e la ex mummia Sofia Boutella) citare la caverna di Platone e la realizzazione di una società nella quale "è meglio essere felici che liberi" regalano qualche soddisfazione e - al netto di una prevedibile morale - una conclusione che supera di slancio quella originale, lasciando degli interrogativi più che una porta aperta.