Bolgia totale
Roma: il vecchio ispettore Quinto Cruciani, alcolizzato e consumatore abituale di droghe, si fa scappare il giovane spacciatore psicopatico Michele Loi, appena arrestato, e si ritrova a un passo dal licenziamento. Il suo superiore, l’ispettore capo Bonanza, gli dà tre giorni di tempo per ritrovare il fuggitivo, poi sarà costretto a denunciare l’accaduto. E mentre Quinto si trova ad affrontare difficoltà economiche, malanni e problemi personali, Loi, cercato sia dalla polizia sia dal suo ex socio in affari, tenta di organizzare una fuga a Portorico, dove un suo vecchio amico ha aperto un ristorante e gli ha proposto di entrare in società. Oltre a riallacciare i rapporti con Zoe, una spogliarellista albanese muta amata in passato. Ma le cose, per chi vive in un mondo come il loro, non sono destinate a finire bene.
VALUTAZIONE FILM.IT
TITOLO ORIGINALE
Bolgia totale
GENERE
NAZIONE
Italia
REGIA
CAST
DURATA
100 min.
USCITA CINEMA
03/09/2015
ANNO DI DISTRIBUZIONE
2015
Vari corti in dieci anni, prima di arrivare a esordire in sala con un lungometraggio: questo il percorso 'visibile' di Matteo Scifoni. Un background comune a molti, ma che non tutti riescono a sfruttare per emergere. Un background che emerge esso stesso nelle immagini di un noir all'italiana che guarda volutamente - e dichiaratamente - alla stagione del cosiddetto 'poliziottesco' anni '70. Ma senza ignorare gli anni trascorsi e l'evoluzione di un genere che se non rinnovato, non esce troppo strapazzato dalla visione di questo Bolgia totale.
Un titolo enfatico, a ben vedere per raccontare una storia di malavita e personaggi borderline, mai del tutto positivi e non del tutto cattivi, come nella migliori delle tradizioni. Una storia che attinge dal sottobosco romano - culturale e cronachistico - molto, forse troppo. Nelle ambientazioni, forse troppo trendy nel loro voler essere 'sporche con carattere', e nel linguaggio, a tratti forzato e quasi caricaturale. Come anche in certi riferimenti, divisi tra una stereotipata denuncia e le citazioni filmiche cui un esordiente difficilmente riesce a rinunciare…
Ma in fondo, È evidente - e encomiabile - la voglia di non strafare. Come anche l'attenzione a evitare certe caratterizzazioni, o almeno l'intenzione di riuscirci. Tentativo che avrebbe forse avuto miglior fortuna con una maggior esperienza nella gestione degli attori, o nella capacitÀ degli stessi di leggere il proprio ruolo. Maggiore, per esempio, nel Cruciani di Giorgio Colangeli che nell'Ispettore capo di Gianmarco Tognazzi. In questo senso È una piacevole boccata d'aria fresca il rapporto che si crea tra il primo e lo spacciatore Michele di Domenico Diele (giÀ apprezzato in La foresta di ghiaccio).
L'Italia resta sullo sfondo, con le sue piccolezze e miserie. E qualche didascalismo di troppo non sovrasta i 'gradevoli' picchi di violenza o una divertente e inattesa parentesi pulp nel finale, anche se l'accenno alle 'Iene' ha respiro breve e anche il tema dei 'poveri diavoli' poteva forse restare piÙ ellittico… Una buona prima regia, insomma, nonostante qualche rigiditÀ e staticitÀ narrativa. Che sembra confermare le buone recensioni avute da Scifoni come autore letterario, per l'adolescenziale 'Strani giorni' del 2005, e - chissÀ - aprirgli la strada per un possibile prosieguo.
Un titolo enfatico, a ben vedere per raccontare una storia di malavita e personaggi borderline, mai del tutto positivi e non del tutto cattivi, come nella migliori delle tradizioni. Una storia che attinge dal sottobosco romano - culturale e cronachistico - molto, forse troppo. Nelle ambientazioni, forse troppo trendy nel loro voler essere 'sporche con carattere', e nel linguaggio, a tratti forzato e quasi caricaturale. Come anche in certi riferimenti, divisi tra una stereotipata denuncia e le citazioni filmiche cui un esordiente difficilmente riesce a rinunciare…
Ma in fondo, È evidente - e encomiabile - la voglia di non strafare. Come anche l'attenzione a evitare certe caratterizzazioni, o almeno l'intenzione di riuscirci. Tentativo che avrebbe forse avuto miglior fortuna con una maggior esperienza nella gestione degli attori, o nella capacitÀ degli stessi di leggere il proprio ruolo. Maggiore, per esempio, nel Cruciani di Giorgio Colangeli che nell'Ispettore capo di Gianmarco Tognazzi. In questo senso È una piacevole boccata d'aria fresca il rapporto che si crea tra il primo e lo spacciatore Michele di Domenico Diele (giÀ apprezzato in La foresta di ghiaccio).
L'Italia resta sullo sfondo, con le sue piccolezze e miserie. E qualche didascalismo di troppo non sovrasta i 'gradevoli' picchi di violenza o una divertente e inattesa parentesi pulp nel finale, anche se l'accenno alle 'Iene' ha respiro breve e anche il tema dei 'poveri diavoli' poteva forse restare piÙ ellittico… Una buona prima regia, insomma, nonostante qualche rigiditÀ e staticitÀ narrativa. Che sembra confermare le buone recensioni avute da Scifoni come autore letterario, per l'adolescenziale 'Strani giorni' del 2005, e - chissÀ - aprirgli la strada per un possibile prosieguo.
Mattia Pasquini