regia di Richard Loncraine;
con Paul Bettany, Kirtsen Dunst, Sam Neill, Bernard Hill.
Il tennista inglese Peter Colt (Paul Bettany)
ha avuto i suoi momenti di gloria, ma a trentuno anni è scivolato al
numero 119 de mondo - dopo essere stato in passato anche numero 11 - e
non ha molto più da chiedere allo sport che ama; Peter ha infatti
deciso di partecipare al prestigioso torneo di Wimbledon e poi
annunciare il suo ritiro dalle competizioni, per mettersi a fare il
maestro di tennis in un prestigioso club. Proprio a Wimbledon però
conosce accidentalmente la rampante ed agguerrita Lizze Bradbury (Kirsten Dunst),
giovane promessa americana venuta in Inghilterra per stracciare tutte
le avversarie e conquistare il trofeo. Tra i due nasce un’inaspettata
storia d’amore, complicata soprattutto dal padre di lei, Dennis (Sam Neill),
che vuole che la figlia sia concentrata solo sul gioco. Da questo
legame Peter sembra trovare nuova linfa, ed inizia a vincere le prime
partite del torneo, mentre Lizze sembra invece essere distratta dalla
relazione…
Dopo il folgorante “Riccardo III” (Richard
III, 1996) che aveva imposto sia il regista che il magnifico
protagonista Ian McKellen all’attenzione del pubblico internazionale, Richard Loncraine
sembra aver decisamente perso la vena artistica; adesso ci riprova con
questo filettino sportivo molto “british style”, ma il risultato appare
piuttosto deludente. L’autore affida l’intera operazione alla simpatia
ed allo charme del suo protagonista, Paul Bettany, che si
destreggia con consumata perizia tra le pieghe di un ruolo tagliato su
misura per lui; questo Peter Colt gentile e sornione risulta
immediatamente essere un personaggio adatto alle sue corde, e l’attore
lo riempie con una performance del tutto convincente. Accanto a lui una Kirsten Dunst
sempre bellissima, ma che ancora non da del tutto l’impressione di
essere definitivamente sbocciata come attrice. Quello che per nulla
convince di “Wimbledon” è prima di tutto lo sviluppo drammaticamente
prevedibile di una commedia romantica incapace di sollevarsi dalla
soglia della banalità. Costruzione della vicenda, progressione
psicologica dei caratteri, sviluppo degli snodi narrativi della
sceneggiatura: tutte queste componenti vengono riproposte con una
mancanza di originalità disarmante, e non permettono alla fine di
entrare emotivamente dentro il film. A livello estetico, Loncraine
costruisce poi un’opera visivamente mediocre, non sfruttando in nessun
modo le potenzialità di un grande direttore della fotografia come Darius Khondji – “Seven”
(id., 1995). Neppure l’emozione sportiva delle partite d tennis viene
in aiuto al film, soprattutto per il fatto che molti scambi sono stati
(malamente) ricostruiti grazie al supporto degli effetti speciali
digitali. Insomma, “Wimbledon” non riesce di certo ad elevare i
risultati di un genere come il cinema sportivo che, a parte pochi
preziosi esempi, non è mai riuscito veramente a decollare.


NOTIZIE
Wimbledon
Dopo il folgorante "Riccardo III" Richard Loncraine torna con una commedia sentimentale ambientata nel mondo del tennis con Paul Bettany e Kirtsen Dunst

12.04.2007 - Autore: Adriano Ercolani