Ma in Via dalla pazza folla, romanzo omonimo dal quale è stato tratto il film del danese Thomas Vinterberg, si sceglie di esaltare soprattutto la figura della protagonista Bathsheba Everdene (Carey Mulligan), femminista ante-litteram che, all'interno di un universo contadino, lotta per essere indipendente dal punto di vista economico e personale.

In questo senso la sua storia - mostrata sullo sfondo di una natura malevola e sublime, il cui ciclo spontaneo è in grado di cambiare le sorti stesse dell'umanità - possiede uno sguardo originale anche all'interno di un film dove l'esaltazione delle passioni, il romanticismo e un pizzico di retorica, tendono a costituire un genere a sé non alla portata di tutti.
L'elemento di modernità che invece si sgancia dall'assolutismo di certi argomenti, ovvero quello che regge in sostanza un mondo fatto di soluzioni estreme e sentimenti purissimi, è piuttosto il tema della ricerca della protagonista di un rapporto raggiunto all'insegna dell'amore maturo, completo e non esclusivo riparo dall'insicurezza economica o modulato sul predominio della passione esclusivamente carnale.

In questo senso, ogni personaggio maschile del film, dal maturo Gabriel Oak (Matthias Schoenaerts), un allevatore di ovini, passando per Frank Troy (Tom Sturridge), spericolato sergente, al ricco William Boldwood (Michael Sheen), incarna una tappa della ricerca personale della protagonista insieme a una diversa modalità di stare in coppia.
In questo riuscito ritratto psicologico a più fattori, dove spicca la delicata caparbietà della Mulligan - in grado di rappresentare con successo sia il distacco di una donna dell'alta aristocrazia americana in Il Grande Gatsby, sia la semplicità popolare di un personaggio come Bathsheba - Via dalla pazza folla ci riporta a uno spirito di intensa modernità, e al grande ritratto di un'epoca e di un sentimento del tempo che ha anche molti richiami con le relazioni contemporanee.