
Dramma che procede lineare ed ineluttabile, “Un gelido inverno” fa leva prima di tutto sulla splendida e desolata ambientazione, la quale riesce a restituire tutto l’abbrutimento e la desolazione umana in cui si trovano incastrati tutti i personaggi messi in scena. Il senso di degrado e insieme di minaccia magnificamente costruite dalla Granik vengono incanalate in un’atmosfera cupa che ricorda molto da vicino un capolavoro del genere, “Un tranquillo weekend di paura” di John Boorman. Sotto questo punto di vista quella che avrebbe potuto essere la solita idea di messa in scena indipendente e ostentatamente “povera” si trasforma invece grazie alla lucidità dello sguardo della regista in un elemento fondante e fondamentale per il tono del lungometraggio e per la sua potentissima evoluzione drammatica.
A rendere comunque “Un gelido inverno” un film in grado di svettare sugli altri e rimanere impresso nella memoria sono le interpretazioni dei due attori principali: la ventenne Jennifer Lawrence dimostra già una capacità di sintesi e un lavoro di sottrazione sul personaggio di efficacia inaudite. Ma il vero e proprio capolavoro di recitazione è quello che ci offre John Hawkes, caratterista di solito usato in ruoli secondari, per figure fragili e indifese, che nella parte di Teardrop compie una prodigiosa mutazione trasformandosi in un uomo inquietante e spaventoso, anche se capace di una sua personale ed etica visione del mondo.

Rarefatto e insieme granitico, poetico eppure disperato, “Un gelido inverno” è di gran lunga il miglior lungometraggio di questo primo scorcio di 2011. Merita una visione appassionata e lontana da possibili preconcetti sull’ormai raggiunta saturazione del cinema americano cosiddetto indipendente: qui ci troviamo di fronte ad un’opera le cui qualità trascendono davvero definizioni e catalogazioni.
La pellicola è distribuita nei cinema dalla Bolero Film
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