
Anderson, da sempre affascinato dai profeti, dalla manipolazione e dalla dipendenza psicologica che emergono in tutta la sua filmografia, osserva l’acqua agitata dalle eliche a poppavia: una zona vorticosa, insidiosa a e violenta in cui la volontà si annichilisce e la libertà del mare viene inghiottita. Qui si annidano l’esercizio del controllo e l’abdicazione, qui si confondono la paura più sconsolante e l’illusione di una consolazione.
Il canto della sirena, nella visione ammaliante, felpata, imprevedibile e composta che Anderson costruisce, ha i colori della sabbia e del mare continuamente richiamati stilisticamente nella fotografia e nelle scenografie. E ha il suono liturgico e in sordina della parola nuda, cullato a intermittenza dai suoni liquidi di una ninna nanna.
Così il film irretisce in quella tensione tra allerta e conforto, tra schiaffo e abbraccio, tagliando gli ancoraggi che vorrebbero tanto trattenerlo in un ritratto ambiguo della Chiesa di Scientology da cui il discorso prende senz’altro la rincorsa per tuffarsi però verso i fondali più torbidi delle pulsioni e delle dipendenze emotive e psicologiche, mettendo alla destra del padre (la moglie di Dodd intepretata da Amy Adams) quel cinismo che prenderà il sopravvento e si farà tirannia.

Sullo schermo lo scontro è tra titani. Philip Seymour Hoffman è immenso nel ruolo del profeta abbagliato e indebolito dal suo stesso Credo, ma è Joaquin Phoenix il vero Master. La sua prova è dolorosa e molto fisica e punta il suo equilibrio nello spigolo in una postura viziata, ricurva sui reni e ossidata nelle scapole. Come il drago che Dodd intende prendere al laccio per poi insegnargli a soffiare a comando. Ma chi ha davvero bisogno di chi? Perché ci autocondanniamo alla schiavitù di comandare o essere comandati? Forse perché la libertà, come una donna nuda modellata nella sabbia, non puoi possederla. Se però sei il più coraggioso tra gli uomini, potrai - questo sì - almeno sognarla e contemplarla.
The Master è distribuito in Italia da Lucky Red.