La notizia ha infiammato la comunità cine-musicale lo scorso fine settimana, monopolizzando l’attenzione dei siti specializzati e dei forum più disparati. Howard Shore, al lavoro sulla colonna sonora originale del remake di King Kong ha abbandonato il progetto, esortato dal regista Peter Jackson a consegnare il film alle cure di un altro compositore. Ad alimentare lo stupore e la contrarietà generale è stato in realtà il brusco infrangersi delle aspettative lungamente riposte nella partitura di Shore, che con il suo intervento alla trilogia de Il Signore Degli Anelli ha consegnato alla storia del mezzo un autentico capolavoro sinfonico, meritorio di ben tre Oscar (per il primo, il terzo episodio e per la canzone di quest’ultimo). Estromessi i nomi in ballo, l’accadimento stupisce in realtà solo nei limiti dell’ordinario, se configurato all’interno di un’industria cinematografica tutt’altro che nuova a simili operazioni. Ancor meno sarà rimasto stupito, al di là della disattesa intesa artistica con Jackson, lo stesso Shore, già vittima in passato del vizio “rejected score”.
“Rejected score”. Alla lettera: “partitura respinta”. O colonna sonora rifiutata, compositore protestato, musica eliminata. In qualunque modo la si voglia mettere il senso e lo scopo di questa prassi hollywoodiana (ma non solo) è unico e incontrovertibile: sostituire il commento originale di un film, considerato inadatto o inefficace al confronto con le immagini, in fase di post-prduzione avanzata con una musica più idonea e funzionale, magari a discapito della qualità raggiunta dal compositore uscente in mesi di lavoro. Ma il film viene prima di tutto. E per ogni musicista che abbandona c’è n’è sempre uno, spesso altrettanto valente, che in poche settimane – o addirittura giorni (Jerry Goldsmith, per Chinatown, ne ebbe soltanto una diecina) – deve combattere contro il tempo per assicurare al film la giusta colonna sonora.
Lungi dal trattarsi di un escamotage moderno, le origini del fenomeno risalgono, presumibilmente, al 1932. Poi un crescendo stupefacente e direttamente proporzionale al consumo cinematografico, nonostante la limitata esposizione al pubblico abbia lasciato sostanzialmente all’oscuro anche lo spettatore più interessato. Pochi immaginano infatti che la leggendaria colonna sonora di 2001: Odissea Nello Spazio fu montata da Kubrick dopo l’esclusione del grande Alex North, che aveva già provveduto ad un’ispirata partitura coprente circa metà del film. O che le musiche del leggendario Bernard Herrmann per Il Sipario Strappato furono sonoramente bocciate da Hitchcock in persona (episodio storico, che generò la frattura definitiva dei due). Fino ai casi più recenti di Elmer Bernstein per Gangs Of New York (canto del cigno del compianto compositore, rimpiazzato da Scorsese a pochi giorni dall’uscita nelle sale) e di Troy, per il quale Gabriel Yared si è visto rifiutare quella che lui stesso non ha avuto problemi a definire il proprio capolavoro cinematografico.
Difficile comunque giudicare, soprattutto nel contesto di un meccanismo artistico dove il compromesso vige al fine di garantire al regista, autore ultimo e totale dell’opera, il risultato sperato.
Diverso invece quando dietro tali scelte si stagliano produttori sempre più incerti, assuefatti all’omologazione del prodotto e alla sicurezza di una partitura “di servizio” (come quella, ad esempio, proposta infine da James Horner per il peplum di Wolfgan Petersen dopo l’uscita di Yared).
Voci insistenti ascriverebbero infatti l’effettiva responsabilità del licenziamento di Shore da King Kong ad una volontà della Universal, insoddisfatta degli esiti dei primi test screenings, squalificando quindi le ufficiali dichiarazioni di Jackson riferenti un “divorzio” amichevole basato su “contrastanti aspirazioni artistiche” non meglio precisate.
Fatto sta che ora sul podio è salito il bravo James Newton Howard, fresco della candidatura all’Academy per le musiche di The Village. Resta da chiedersi se avrà modo, in due mesi scarsi, di “entrare” nel film e confezionare uno score stimabile. Dubbio più che lecito, visto che Shore, con a disposizione più del triplo del tempo per discutere con il regista, scrivere e registrare buona parte della colonna sonora, sembra aver fallito inappellabilmente.


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Shore abbandona King Kong
L'attesissimo Kolossal di Peter Jackson perde l'eccellenza musicale de "Il Signore Degli Anelli"

12.04.2007 - Autore: Giuliano Tomassacci