
Che voleva dichiaratamente realizzare un film "sul diavolo", e sui cliché che gli ruotano intorno, evitando le stesse banalità sul satanismo che lo avevano annoiato durante la fase di ricerca. E per quanto non sia riuscito a restarne del tutto immune, soprattutto per quel che riguarda il tentativo di disarmare i meccanismi con cui si crea il terrore, sono altri gli aspetti interessanti che emergono dalla vicenda.
I definitiva un film sugli errori. Che tutti (inclusi Emma Watson e Ethan Hawke), a un certo punto, fanno. Nel film e nella vita. Sulle ansie di perfezione che derivano dalla paura di farne, o che gli altri ne facciano. Le conseguenze della durezza nel giudicarsi e della facilità di giudicare, proprio affidandosi a quegli stereotipi di cui si parlava o magari a procedimenti che non siamo abituati a mettere in discussione.

Quello della 'regressione' psicanalitica, per esempio, alla base del film e ormai caduto in disgrazia, ma che negli anni '90 - quando la storia è ambientata (anche dal punto vista estetico, seppur denunci una forte fascinazione per i '70) - poteva porre le premesse per un thriller nel thriller come questo. Nel quale però può risultare complicato districarsi, trovare il bandolo della matassa, il vero percorso immaginato dal suo creatore. Che forse indulge troppo nell'accumulare possibilità narrative e potenziali colpevoli, creando i presupposti per mantenere la tensione fino alla fine, ma anche lasciando il dubbio di essersi affidato a una costruzione più opportunista che consapevole.
Regression, in sala dal 3 dicembre, è distribuito da Lucky Red