
Sicuramente il divertimento non manca, più per i grandi che per i piccini, dal momento che la Disney non solo non rispetta le fiabe, ma non ha più il fegato di correre i suoi rischi e di raccontare un sogno, quello di incontrare un principe che sposi la fanciulla, riducendo così il target alle sole bambine. Ecco allora che il principe diventa un manigoldo, quella con la “dote” è Rapunzel e tanta azione si sprigiona durante il loro viaggio – almeno anche i maschietti potranno guardarlo e identificarsi nel desiderio malsano di voler fare tanti soldi. E non è che questa Rapunzel bondage dai piedi sempre nudi si presti a meno doppi sensi rispetto a quella che riceveva le visite del principe di notte, di nascosto dalla matrigna. E il sogno, se non è più quello di incontrare un uomo, si riduce al voler vedere dal vivo delle lanterne. Della serie: punta in basso, ragazzina.

Poco da dire dal punto di vista tecnico: le location sono dettagliate, il 3D è luminosissimo e qualche tecnologia è stata infilata a forza (rottura della diga e gestione di galloni e galloni d’acqua), peccato per i personaggi, talmente stilizzati da risultare poco espressivi. E sarà meglio sorvolare sul pessimo doppiaggio di Laura Chiatti.
Certo, adesso chi non vorrebbe avere un camaleonte come animaletto personale – o in alternativa un vecchietto beone vestito da Cupido?
Se preso come film animato, “Rapunzel – L’intreccio della torre” è lontano dal capolavoro, ma è comunque un prodotto ben confezionato. Però non è la favola dei fratelli Grimm, e se gli fosse stato dato un altro titolo, allora si serebbe forse potuto apprezzare. Mantenere un titolo e raccontare tutt’altro, invece, è come il brutto "King Arthur" di Fuqua. Aspettiamo che qualcuno porti sullo schermo la fiaba di Raperonzolo. La Disney non lo ha ancora fatto.
Per saperne di più
Guardate il trailer di Rapunzel