
Sergi Vizcaino, autore di cortometraggi e serie TV, esordisce con “Paranormal Xperience 3D” nel lungometraggio, e si inserisce in maniera del tutto personale nel filone di successo dell’horror iberico. Nessun luogo in ombra, nessuna fotografia desaturata: il suo paesino è in piena luce e lo script riprende innumerevoli archetipi, come la miniera, la casa del dottore abbandonata, scaffali con strani contenitori in vetro, ganci, auto sabotate e chi più ne ha più ne metta. È un conto alla rovescia in stile “Final Destination”, solo che le morti sono molto meno fantasiose. Ovviamente le ragazze sono tutte sexy, e il 3D non dimentica di sottolineare ironicamente le forme di Úrsula Corberó.
Il gusto della risata sul fiotto di sangue crea però uno stridente contrasto con il risvolto principale della storia – e qui sta il punto forte che salva il film dall’essere l’ennesima pellicola guascona con uno slasher killer evocato dal passato e dalle nostre paure. Angela e Diana nascondono un trauma del loro passato, la violenza domestica subita per mano del loro padre. L’ultimo tabù del cinema, mostrare una bambina frustata a cinghiate dal genitore, è stato rotto. “Ci tenevo molto a mostrarlo, è un problema gravissimo”, ha detto il regista al Courmayeur Noir in Festival. “Mitigandolo attraverso il genere horror, mi è stato permesso di portare sullo schermo l’irrappresentabile”.

Nulla di originale, quindi, tanto meno il prevedibilissimo finale. Ma oltre al gusto del sangue a litri, in questo film si ha ancora una volta la consapevolezza, amarissima e viva, che il vero orrore non è soprannaturale, si consuma in molte case, ogni giorno.