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Nella tana dei lupi, la recensione dell'action thriller con Gerard Butler

Rapine, tensione e violenza per 140 minuti, ma questa Los Angeles popolata da criminali è lontanissima da quella dei capolavori di Michael Mann

28.03.2018 - Autore: Gian Luca Pisacane (Nexta)
Le pallottole fischiano, i muscoli si tendono. Si gioca a guardie ladri: chi difende la gente comune e chi vuole arricchirsi a qualunque costo. Mitragliatori automatici, battute da “uomini veri”, strette di mano virili: questi sono gli ingredienti principali di un heist movie ipertrofico nei suoi 140 minuti di tensioni e violenza. Sullo sfondo resta una Los Angeles cupa, criminale, ogni giorno massacrata dagli omicidi e dalle rapine. La città sanguina, non esiste distinzione tra poliziotti e avanzi di galera. Sembra una gara a chi è più cattivo, a chi può sfoggiare tatuaggi elaborati. 


 
La banda è una famiglia: bisogna rimanere sempre uniti, sfidare la giustizia, lanciarsi in selvagge imprese, tra un allenamento in palestra e un salto allo strip club. I clichè del genere ci sono tutti, comprese le molte lungaggini e i continui riferimenti a Michael Mann e al suo stupendo Heat – La sfida. Torna il tema del dualismo, del confine labile tra la legge “uguale per tutti” e quella della strada, siglata col sangue e le sparatorie. Alcuni maniaci sfoggiano un distintivo, altri svaligiano banche. Potrebbero trovarsi dallo stesso lato della barricata senza neanche rendersene conto. 

Nonostante le intenzioni, Nella tana dei lupi non riesce a sfoggiare la stessa potenza dei suoi modelli. Resta ancorato agli stereotipi, alla tecnica esibita di un esordiente dietro la cinepresa. Christian Gudegast nasce come sceneggiatore di storie da finimondo. Ha dato vita al pandemonio di Attacco al potere 2 – London Has Fallen, dove metteva a ferro e fuoco la capitale inglese, in nome della regina e del popolo. La passione per le armi gli è rimasta, e in Nella tana dei lupi mette in scena colpi alla Federal Reserve, fucilate in mezzo al traffico e inseguimenti sfrenati. Ma gli manca l’anima noir dei romanzi di James Ellroy, la magia di un L.A. Confidential trasportato nel 2018. 


Questa Los Angeles non ha lo spirito di Collateral, i giochi di sguardi che legavano Tom Cruise e Jamie Fox nel delirio di una notte: l’assassino contro il tassista, il gangster contro il padre di famiglia. Gudegast poteva ispirarsi al Codice 999 di John Hillcoat e a The Town di Ben Affleck per dare più spessore ai suoi protagonisti, per trovare un ritmo più avvolgente e una solida sceneggiatura.

Gerald Butler e Pablo Schreiber, l’antieroe e il cattivo di turno, si sfidano in una partita che nessuno dei due può vincere. La vita sconfigge entrambi, sono reietti della società. L’uno abbandonato dalla moglie e dalle figlie, e l’altro che, dopo il servizio militare, non crede più nella società. Il duello è servito, il più furbo forse potrà ricominciare, immaginarsi un orizzonte luminoso. Gatto e topo, cacciatore e preda: chi arriverà alla fine? Forse non lo spettatore, che prima di vedere un colpo di scena deve aspettare quasi due ore. 

Nella tana dei lupi, in uscita il 5 aprile, è distribuito da Lucky Red.