Dalla maggior parte degli addetti ai lavori uno degli attori più sopravvalutati – e quindi in qualche modo antipatici – dell’odierno establishment hollywoodiano è senza dubbio l’ormai ultrasessantenne Michael Douglas. Le ragioni sono probabilmente due: la prima è la pesante eredità artistica di un mostro sacro come il padre Kirk Douglas, che ha purtroppo pesato spesso sulla carriera del figlio minandone la credibilità. Il secondo motivo è stato l’Oscar vinto nel 1988 con “Wall Street” (id., 1987) di Oliver Stone, che è stato sicuramente uno dei premi più “pilotati” della recente storia degli Academy Awards.
Spesso Douglas ha poi alimentato questa sua fama scomoda con scelte artistiche piuttosto ardite: su tutte non possiamo non ricordare il ruolo di Nick Curran, il detective sessuomane che si lascia abbindolare da Catherine Tramell/Sharon Stone nel cult “Basic Instinct” (id., 1992), uno dei film-icona degli anni ’90 ma sicuramente anche una pellicola che segna in maniera indelebile la carriera e l’immagine di un attore (vedi proprio la Stone…).
Chi ha ormai definitivamente etichettato Douglas come attore non degno della propria fama dovrebbe però a mio avviso osservare con più attenzione la sua filmografia, che presenta opere assolutamente valevoli ed anche qualche grossa sorpresa: quanti sanno infatti che nel 1975 il buon Michael ha prodotto una pellicola che nessuno voleva portare sul grande schermo, e che lo stesso padre si rifiutò alla fine di interpretare come protagonista? Quel film era “Qualcuno volò sul nido del cuculo” (One Flew Over the Cuckoo’s Nest, 1975), e tutti conosciamo il suo valore artistico e simbolico per la storia del cinema, non solo americano.
Tornando invece alle sue doti d’attore, vi sono almeno tre pellicole che testimoniano in maniera a mio avviso definitiva la bravura di Douglas nei toni più leggeri e distesi della commedia sofisticata:
il primo titolo è il celeberrimo ed acidissimo “La guerra dei Roses” (War of the Roses, 1989) di Danny De Vito, in cui il duetto con l’altrettanto tagliente Kathleen Turner è tra i più riusciti di quel periodo. Più disteso, in qualche modo classico, è invece il capriano “Il Presidente – Una storia d’amore” (An American President, 1995) di Rob Reiner, commedia romantica dai dialoghi di enorme raffinatezza. Ma il film per cui Michael Douglas dovrebbe essere ricordato è uno dei più belli del nuovo millennio, e cioè “Wonder Boys” (id., 2000) di Curtis Hanson; elegante storia di formazione e di presa di coscienza, il film ha regalato all’attore la sua ultima candidatura ai Golden Globe.
Caratterista ormai di esperienza più che trentennale, che ad inizio carriera non ha disdegnato neppure la TV – chi lo ricorda nel telefilm cult “Sulle strade di San Francisco”, insieme a Karl Malden? – Douglas torna adesso con il thriller d’azione “The Sentinel” (id., 2006), opera che promette spettacolo ed adrenalina. Accanto a lui, Kim Basinger, Kiefer Sutherland ed Eva Longoria.


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Michael Douglas
Caratterista ormai di esperienza più che trentennale, Douglas torna nelle sale con il thriller d'azione "The Sentinel", opera che promette spettacolo ed adrenalina

12.04.2007 - Autore: Adriano Ercolani