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Latitanza interiore

Nel corso della conferenza stampa abbiamo raccolto le testimonianze di Massimo Carlotto e dell'attore Daniele Liotti.

Il fuggiasco

12.04.2007 - Autore: Vincenzo Vinci
Nel film si parla del suo stato di "latitanza interiore", all'interno di un'equazione che lega la sua fuga alla militanza politica. Qual è stata la sua esperienza nel mondo della latitanza politica internazionale? Massimo Carlotto: L'equazione "Fuggiasco-Lotta continua" è molto semplice. Io ero un militante di Lotta Continua ed è logico che abbia trovato accoglienza nell'ambiente dell'esilio politico internazionale. Però, come dice a un certo punto Lolo nel film, non ho frequentato in nessun modo gli italiani perché erano accusati di terrorismo. Invece ho avuto modo di frequentare un ambiente che, essendo io all'epoca piuttosto giovane, ha determinato la mia crescita umana, culturale e politica. A quell'ambiente e a quelle esperienze io devo tutto, compreso, credo, il fatto di essere diventato scrittore.   Quando nel film viene chiesto al protagonista se rifarebbe l'atto che ha dato inizio alla sua drammatica vicenda (testimoniare alla polizia di essersi trovato sulla scena di un delitto) questi, dopo qualche titubanza, risponde "Sì". Rivolgo adesso la domanda a lei. M.C. Certamente, l'ho sempre detto. Oggi poi il problema non si porrebbe neppure: trent'anni dopo un caso Massimo Carlotto non potrebbe ripetersi. Comunque, è chiaro che lo rifarei, perché esiste un diritto fondamentale, che è quello di dire la verità. Se chi si presenta per testimoniare finisce per vivere una traversia del genere che è capitata a me, è chiaro che nel sistema c'è (o c'era) qualche difetto.   Volevo chiederle che impressione le aveva fatto rivedersi sullo schermo, e se qualche scena l'avesse particolarmente commossa. Inoltre volevo chiedere a Liotti che lavoro aveva fatto per calarsi in questo personaggio, come l'aveva costruito e come vi siete conosciuti. M.C. Sono passati quasi trent'anni dall'inizio di quella storia. Il tempo ha un senso e ormai vivo questa vicenda con un certo distacco. E' naturale che sia così, perché la vita dà modo di vivere anche diverse vite all'interno di un'unica esistenza. Oggi sto vivendo una vita completamente diversa, talmente diversa che il passato mi sembra estremamente lontano. Certo, durante la lavorazione sono rimasto commosso soprattutto dall'entusiasmo e dall'adesione umana con cui è stato prodotto il film.   Daniele Liotti: Quando ho letto la sceneggiatura sono rimasto molto contento perché sapevo che per me era una grossa chance. Perché si tratta di un personaggio con mille sfaccettature ed è una storia realmente accaduta. E quando sai che la storia che stai recitando è accaduta vuoi toccarne con mano la realtà, sentire che quello che stai vivendo c'è stato, ed è lì presente. Quindi l'ho presa con una forte assunzione di responsabilità. Questa storia mi ha toccato molto: sia il libro che Massimo come persona. Massimo è stato molto disponibile con me e mi ha aiutato a centrare il personaggio. Per il resto ho dovuto lavorare molto di fantasia, perché la vicenda che dovevo interpretare era talmente assurda che non ho potuto attingere più di tanto alla mia vita personale.  
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