
Su questi temi a dir poco complessi, Michele Placido costruisce un melò che non vuole essere politico (non ne possiede l’asciuttezza dell’analisi sociologica né tantomeno il largo respiro su ambiente e caratteri, anche perché siamo in un paesino ma i personaggi si muovono e agiscono come se fossero i cittadini di una grande città), ma che si ferma piuttosto sulla soglia dell’osservazione diretta e claustrofobica delle dinamiche di coppia. Un punto di vista che seguiamo dapprima con curiosità, visto il coraggio della materia principale e il posizionamento insolito di due attori protagonisti di pellicole mainstream, ma quando veniamo lasciati soli di fronte all’approfondimento psicologico, all’elaborazione del dramma, alla trasformazione in dinamica delle prospettive dei protagonisti, La scelta ha decisamente il respiro corto.

Perché non bastano i silenzi di una recitazione trattenuta da entrambi i lati, né la continua omissione dell’episodio violento, per fare del film un’opera tragica dal tono autorale, se di fronte al minimalismo espressivo e alle omissioni il dubbio che nasce è che si tratti di un mancato viaggio nelle dimensioni psicologiche dei protagonisti, piuttosto che di una precisa scelta stilistica. E allora il senso di smarrimento, per queste continue accelerate ed enfasi prive di senso, è più forte della malinconia e del pathos, e il film assomiglia più a un azzardo che a un’opera riuscita o una variazione sul tema femminista della maternità “diversa”.
La scelta è distribuito nelle sale da Lucky Red.