
“La città verrà distrutta all’alba” versione 2010 è invece tra i più lampanti esempi di come questa ondata di remake che ha invaso Hollywood sia più spesso dannosa che salutare. Il film di Breck Eisner è ben girato, ben fotografato, ben montato: tutti valori che oggi sono la norma, visto che in America si lavora con budget che difficilmente consentono errori sotto il punto di vista tecnico. Eppure, nonostante la professionalità esibita, è anche una pellicola inutile, un banale survival horror dove regnano i cliché, una tediosa ripetitività, e dove sono totalmente assenti l’approfondimento sociale e politico presenti invece nel film originale. D’altronde, non è nemmeno questo il problema.

Prendiamo, ad esempio, “L’alba dei morti viventi” di Zack Snyder, remake di “Zombi”: nell’originale di Romero, a una messa in scena magistrale si univa un discorso sul consumismo – con gli zombi che tornavano costantemente al centro commerciale – assente, o per lo meno trascurabile, nel film di Snyder. Eppure, “L’alba” funzionava perfettamente grazie a personaggi interessanti, una serie di idee azzeccate – chi non ricorda i siparietti con l’armaiolo sul tetto di fronte al mall? – e un’atmosfera che rispettava alla lettera la disperazione romeriana, quel senso di disfatta totale della razza umana, trovatasi ad affrontare una crisi globale irreversibile.

Ecco, il problema di questo nuovo remake è che non c’è nulla di tutto ciò: non ci sono idee di regia che restino impresse, ma tutto si assesta su un livello medio da thriller adolescenziale. Mancano personaggi interessanti, e il fatto che come sempre ormai si scelgano attori tutti belli e pulitini non aiuta di certo l’identificazione del pubblico. Il gruppo di protagonisti fugge dalla detenzione dell’esercito, che sta cercando di isolare una cittadina dove si è sparso per errore un micidiale virus che rende la gente pazza. Da lì, comincia una serie infinita di episodi quasi slegati tra loro: i nostri trovano un veicolo, finiscono in una trappola tesa dal “crazy” di turno e poi fuggono, lasciandosi dietro una scia di cadaveri. E avanti così.

C’è da dire, poi, che Romero aveva saggiamente deciso di distanziare visivamente il suo film dalla serie degli zombi, presentando le vittime del virus come delle persone normali che progressivamente perdono le rotelle, anziché mostri imbrattati di sangue. Cosa che invece, puntualmente, fa Eisner. Il riferimento principale è ovviamente “28 giorni dopo” (figlio a sua volta del “Crazies” originale): ma la scelta non paga, perché in questa maniera sappiamo sempre perfettamente quali sono i contagiati, e così la paranoia se ne va a spasso. Inoltre, come spesso accade nei film sulle epidemie di oggi, viene totalmente a mancare la coerenza: perché alcuni matti sembrano usciti da “Non aprite quella porta” e altri invece hanno un aspetto normale?

Di Romero manca inoltre il tono beffardo con il quale si prendeva gioco dei militari e dei politici, rappresentati i primi come una forza di bruti senza cervello incapaci gestire un’emergenza che è già fuori controllo, i secondi come dei privilegiati che decidono delle vite di migliaia di persone comodamente chiusi nel loro ufficio, a migliaia di chilometri di distanza. Nella versione di Romero, alla fine sono i militari stessi che, per la loro connaturata incapacità di ascoltare e ragionare, causano la distruzione dell’antidoto, ultima speranza di salvezza. Nel film di Eisner, i militari sono sullo sfondo, si vedono pochissimo e non hanno peso nella vicenda, tutta incentrata sui fuggiaschi. Purtroppo, in questo modo si perdono tutti i motivi d’interesse e si finisce per guardare con insistenza l’orologio, sicuri che, una volta a casa, potremo infilare il DVD nel lettore e gustarci ancora una volta l’originale.
"La città verrà distrutta all’alba" sarà distribuito da Medusa Film, a partire dal 23 aprile.
Per saperne di più
Guardate il trailer del film
Leggete la nostra intervista a George Romero
E la nostra recensione dell'ultimo Survival of the Dead
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