Dopo i tragici fatti di Charlie Hebdo e la riscoperta da parte del pubblico nostrano dell’importanza della libertà di espressione, uno spettro culturale si aggira per l’Italia. Si tratta del mormorio di fondo prodotto dall’opinione pubblica che celebra il valore della satira e contemporaneamente esita nel riconoscerle la capacità anarcoide di non avere templi da considerare come inviolabili. È in questa cornice che Marcello Macchia, in arte Maccio Capatonda, star della comicità surreale dai tempi di Mai Dire Gol, passando per YouTube, presenta il suo film, Italiano Medio, scritto e diretto in prima persona.
Un’introduzione è però d’obbligo. Quando si parla di comicità di nuova generazione, nata per esempio all’interno di contenitori diversi, dallo show umoristico alla rete, bisogna accreditarle lo status di specie protetta. Infatti, l’ironia esacerbata tipica del genere, si esercita oggi in un panorama mediatico che fatica ad attribuire alla satira un valore specifico. Parliamo di un ruolo di verità artistica, sociale e politica in grado di raccontare il presente in maniera più completa del semplice sentimento di rottura provocato dalla volgarità ilare di certa comicità pre-youtuber. Per questo motivo, l'atteggiamento di chi scrive, è quello di riservare una particolare indulgenza nei confronti delle prove cinematografiche che provano a percorrere la strada del racconto dell’Italia in chiave umoristica e paradossale.
La storia di Giulio Verme (Maccio Capatonda), un uomo che con l’ausilio di una pillola magica passa dal 20% al 2% di utilizzo delle proprie capacità celebrali, è da un lato un film di certo imperfetto, cadenzato da scivolate mediocri, dall’altro è testimonianza parziale di una maniera del tutto nuova di far ridere e di raccontare i mali del Belpaese.
Arrivano conferme ma anche attese in qualche modo disilluse. Se da una parte il comico si dimostra capace di rinnovare il linguaggio narrativo attraverso uno storpiamento verbale che interessa non solo il contenuto interno del film ma anche la cornice, dai titoli di testa a quelli di coda, dal punto di vista dei personaggi, è la rappresentazione, già diventata maniera, di una tipologia di umanità becera e celebrata da un contesto pubblico sempre più estasiato dalla mediocrità, a occupare gran parte della scena e delle energie creative.
Altrove invece, in una prima parte originale e dolceamara, vediamo un film capace di sostenere con fermezza un’ottima intuizione artistica. Il Giulio Verme in versione Don Chisciotte maniaco-ambientalista che lotta contro l’indifferenza popolare e finisce per cedere alla comodità dell’ipocrisia, incolla il Paese in cellulosa a quello Reale con sorprendente coerenza. E allora è più facile capire come il primo film di Capatonda confermi un talento espressivo nuovo, anche se incompleto, che avrebbe dovuto difendere con maggiore convinzione la portata innovativa delle proprie premesse e conclusioni.
In uscita il 29 gennaio, Italiano Medio è distribuito da Medusa.
Per saperne di più:
La nostra intervista video a Maccio Capatonda
Le foto in esclusiva del film
L'incontro con Maccio al Festival di Roma
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Italiano Medio – La nostra recensione
Maccio Capatonda esordisce al cinema con un film non perfetto ma efficace
23.01.2015 - Autore: Alessia Laudati