Da Eduardo a Martone, dal palcoscenico allo schermo. Il sindaco del rione Sanità si aggiorna, si attualizza. Al tempo di Gomorra, di una Napoli sempre più criminale (almeno al cinema), Antonio Barracano somiglia più a un novello Cicerone che a un boss della Camorra. Tutti i giorni risolve questioni, spegne gli animi infuocati, e cerca di mettere pace invece di fomentare la guerra. “La legge è fatta bene, sono gli uomini che si mangiano fra di loro”, spiega.
È strano vederlo così giovane (ha quarant’anni), così saggio, reduce forse da troppe battaglie. Non ha il grilletto facile, ma la mitica cazzimma di certo non gli manca. Martone, come Eduardo, pone al centro il concetto di giustizia. Barracano, una volta assolto anche se colpevole, è il paradosso di una città lontana dalle istituzioni. Lui è l’unico giudice che conta, la persona a cui rivolgersi in caso di bisogno. La sua villa ai piedi del Vesuvio, quieta e riparata, si contrappone al caos di Napoli. È un “uomo del popolo” che però abita lontano dal popolo. Nella sua superiorità, applica le proprie regole dal trono, e la tragedia lo attende appena scende tra la gente comune (gli interni della “reggia” di Napoli vengono mostrati solo nell’ultima parte).
Martone resta fedele al capolavoro di Eduardo, e lo adatta al suo modo di girare. La sua è una regia solida, che richiama il teatro (gli attori sono quelli con cui ha organizzato lo spettacolo nel 2017). La vicenda si svolge quasi interamente nel “castello” vicino al Vulcano. Sono poche le riprese in esterni (a parte quelle in giardino e sulla terrazza), e la più significativa è sicuramente quella “dell’aggressione”.
Con Il sindaco del rione Sanità, il regista torna a descrivere una società fondata sull’illusione. Il suo Leopardi (Il giovane favoloso) inseguiva una felicità solo apparente, i ragazzi di Noi credevamo dovevano sacrificare l’esistenza in nome dei propri ideali, la comunità di Capri-Revolution era condannata dai più perché lontana dalle convenzioni. L’illusione è di poter costruire un’esistenza solida, che non può essere distrutta dalla violenza delle imposizioni.
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I personaggi di Martone sono stati traditi dalla Storia. E anche Barracano, nell’essere un criminale frutto della genialità di Eduardo, si scopre vittima delle sue idee. Anche la finzione rifiuta le utopie, gli individui che provano a sovvertire il sistema. E Martone non cerca di restituire la speranza: analizza i fatti, sottolinea il conflitto tra diavolo e acquasanta che si consuma all’interno del suo protagonista.
In qualche modo ci invita a immedesimarci con il punto di vista di Barracano, per poi riconoscere le oscurità del suo spirito e condannarlo. Intanto Napoli assiste quieta alla tempesta, adorando i suoi idoli (Maradona e non solo) e danzando sulle note rap della colonna sonora. Prova maiuscola di Francesco Di Leva. Il sindaco del rione Sanità è il primo film italiano in concorso presentato alla Mostra di Venezia.
Il film uscirà nelle sale il 30 settembre, e l'1 e il 2 ottobre distribuito da Nexo Digital
È strano vederlo così giovane (ha quarant’anni), così saggio, reduce forse da troppe battaglie. Non ha il grilletto facile, ma la mitica cazzimma di certo non gli manca. Martone, come Eduardo, pone al centro il concetto di giustizia. Barracano, una volta assolto anche se colpevole, è il paradosso di una città lontana dalle istituzioni. Lui è l’unico giudice che conta, la persona a cui rivolgersi in caso di bisogno. La sua villa ai piedi del Vesuvio, quieta e riparata, si contrappone al caos di Napoli. È un “uomo del popolo” che però abita lontano dal popolo. Nella sua superiorità, applica le proprie regole dal trono, e la tragedia lo attende appena scende tra la gente comune (gli interni della “reggia” di Napoli vengono mostrati solo nell’ultima parte).
Martone resta fedele al capolavoro di Eduardo, e lo adatta al suo modo di girare. La sua è una regia solida, che richiama il teatro (gli attori sono quelli con cui ha organizzato lo spettacolo nel 2017). La vicenda si svolge quasi interamente nel “castello” vicino al Vulcano. Sono poche le riprese in esterni (a parte quelle in giardino e sulla terrazza), e la più significativa è sicuramente quella “dell’aggressione”.
Con Il sindaco del rione Sanità, il regista torna a descrivere una società fondata sull’illusione. Il suo Leopardi (Il giovane favoloso) inseguiva una felicità solo apparente, i ragazzi di Noi credevamo dovevano sacrificare l’esistenza in nome dei propri ideali, la comunità di Capri-Revolution era condannata dai più perché lontana dalle convenzioni. L’illusione è di poter costruire un’esistenza solida, che non può essere distrutta dalla violenza delle imposizioni.
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I personaggi di Martone sono stati traditi dalla Storia. E anche Barracano, nell’essere un criminale frutto della genialità di Eduardo, si scopre vittima delle sue idee. Anche la finzione rifiuta le utopie, gli individui che provano a sovvertire il sistema. E Martone non cerca di restituire la speranza: analizza i fatti, sottolinea il conflitto tra diavolo e acquasanta che si consuma all’interno del suo protagonista.
In qualche modo ci invita a immedesimarci con il punto di vista di Barracano, per poi riconoscere le oscurità del suo spirito e condannarlo. Intanto Napoli assiste quieta alla tempesta, adorando i suoi idoli (Maradona e non solo) e danzando sulle note rap della colonna sonora. Prova maiuscola di Francesco Di Leva. Il sindaco del rione Sanità è il primo film italiano in concorso presentato alla Mostra di Venezia.
Il film uscirà nelle sale il 30 settembre, e l'1 e il 2 ottobre distribuito da Nexo Digital