
Comprensibile che “Il dilemma” non abbia avuto successo: di fronte alla superficialità ridanciana a cui ci ha purtroppo abituato ultimamente la commedia mainstream hollywoodiana, il film di Howard si discosta nettamente per profondità di introspezione ed attenzione alla psicologia dei personaggi. Già, perché dietro l’involucro del genere si sviluppa con notevole capacità di analisi una serie di discorsi che riguardano l’America contemporanea: l’incapacità di crescere e assumersi le proprie responsabilità – sotto questo punto di vista lo schema del “buddy movie” tra i due attori principali è raccontato in maniera ambigua – il terrore di impegnarsi in un rapporto sentimentale a lungo termine, la difficoltà a trovare un proprio posto preciso in una società che a livello economico e sociale offre sempre meno sicurezze. Tutto questo Ron Howard lo mette in scena con un ritmo interno alle scene che lascia totale spazio alla definizione dei sentimenti, al disegno dei caratteri, alle sfumature del loro interno emotivo. Se una sequenza, per raccontare tutto questo, deve durare più della media che il cinema di oggi propone, questo cineasta se ne frega beatamente e ci propone la sua idea con un’integrità, un’onestà che lo rendono davvero un autore degno di ammirazione, anche quando lavora su commissione.

In più, come detto Howard in quasi ogni suo film tenta di gettare uno sguardo non conciliatorio sull’America contemporanea e/o sulla sua storia recente: da “Apollo 13” (1995) a “Ransom” (1996), da “A Beautiful Mind” (2001) a “Cinderella Man” (2005), passando per molti altri film, il cineasta ha tentato di scandagliare le ambiguità storiche, politiche o semplicemente sociali del suo paese. “Il dilemma” non si discosta da questo, in quanto mette in scena identità molto frammentate che devono combattere in un sistema economico che ormai non garantisce più il successo facile, tutt’altro.

Come al solito poi Howard si dimostra un grande direttore di caratteristi, e anche in questo film riesce a dosare al meglio le capacità anche istrioniche dei quattro attori, soprattutto dei comici Vaughn e James. La palma della migliore in scena noi comunque la daremmo alla sempre più bella e sensibile Jennifer Connelly, alle prese col personaggio più “comune” e per questo più difficile da delineare con veridicità e calore empatico. Anche se non sembra appartenere ad un’idea contemporanea di commedia, “Il dilemma” è un film affascinante, ottimamente confezionato – menzione di merito per la fotografia di Salvatore Totino – doloroso e per nulla buonista nel mostrarci la frammentazione emotiva e mentale dell’uomo comune. Un film da non prendere con le molle, e per questo ancora più prezioso. Grande Ron Howard.
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