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Il cinema messicano

L'avvento straripante di Amores Perros ha risvegliato l'attenzione su una cinematografia, poco digeribile e ancor meno distribuita.

asi es la vida

23.11.2001 - Autore: Luca Perotti
Lavvento straripante di Amores Perros, opera prima di Alejandro Inarritu, ha risvegliato lattenzione su una cinematografia,poco digeribile e ancor meno distribuita se si eccettuano le fatiche di Arturo Ripstein, ad oggi ancora lalfiere più popolare del cinema messicano. La circolazione nelle sale di Profundo Carmesi (1996) così come quella del recente Asi es la vida, primo film latino-americano girato in formato digitale, è stata decisamente vittima di un incerta politica promozionale. Lefficacia e il talento di Inarritu hanno invece permesso una riflessione più convinta anche per Y tu Mama Tambien, il film di Alfonso Cuaron presentato in concorso alla recente kermesse veneziana. Il viaggio di due adolescenti e di una donna segnata da un destino tragico, seppur modulato da un tono scanzonato, ha disorientato i cerberi della severa censura messicana sia per le scene di sesso abbastanza esplicito, sia per le marginali ma incisive sbirciate nel Messico desolato e misero in cui i tre viaggiatori si imbattono in questo road-movie iniziatico e funebre. Ma lenorme successo raccolto in patria ha reso vano il paventato blocco della pellicola. Il Cinema Messicano ha vissuto unepoca doro nel periodo esteso che va dai primi anni trenta allinizio degli anni sessanta, e durante il quale lindustria messicana ebbe una feconda svolta. Il motivo alla base di tale impennata fu laiuto finanziario proveniente dagli adiacenti Stati Uniti pronti a contraccambiare il supporto del Messico, unica nazione latinoamericana a schierarsi con gli Usa nel secondo conflitto mondiale. Inoltre, gli esiti commerciali catastrofici dei film americani concepiti per il pubblico ispanofono, con accenti e lingua convenzionali, convinsero Hollywood a produrre quei film direttamente in America Latina con la doppia convenienza di abbattere i costi e conquistare il mercato anche in Messico, dove, tralaltro, la Rko costruì gli studi di Churubusco. La sinergia generò unibridazione proficua perché temi e situazioni prettamente nazionali si mescolarono ai modelli rigorosi del cinema statunitense. Limmaginario messicano non si fermava ovviamente alle idilliache haciendas dove venivano ambientate le commedie. Perché Citta del Messico era anche la capitale del peccato e della tentazione e i film erano popolati di madrecitas e mala mujeres, sante e peccatrici, unite a formare larchetipo della sublime ma impura sensualità latina. Un terreno talmente fecondo attirò il genio di Luis Bunuel, che girò venti film in meno di venti anni tra le roventi location messicane. Pur adattandosi agli standard convenzionali, egli riuscì a sfogare le sue ossessioni e le sue ebbrezze surrealiste. Capolavori come Estasi di un delitto, Langelo Sterminatore e Viridiana, per il quale Bunuel ottenne la scomunica ufficiale, lo annoverano tra coloro che hanno contribuito a delineare lidentità del cinema messicano. Contemporaneamente lindustria di celluloide era anche asservita al cinema di Serie B, sfornando negli anni cinquanta e sessanta una quantità enorme di titoli horror e di fantascienza, perlopiù scadenti e grossolani. Ovviamente il Messico fu il territorio ideale per coloro che vollero analizzare gli spietati e miserabili rapporti tra i gringos e i peones; luogo di fuga per eccellenza dei criminali damerica, soprattutto nel genere Western, il Messico ha goduto e al contempo patito una mitizzazione ai confini del luogo comune, ma rimane pur sempre il miraggio ideale per ogni regista, per questa sua figurazione barbara, implacabile e svincolata dalle regole. Dopo la crisi economica degli anni sessanta e settanta, la produzione si è impoverita, e pur con il debutto di nomi importanti come il già citato Ripstein o Hermosillo, la veste visiva è divenuta globalmente molto più povera e il cinema è finito vittima sia della censura sia della percezione che il mondo continua ad avere del Messico. Lo stereotipo esige che da quelle terre arrivino solamente opere di denuncia politica e sociale, quasi sempre per approdare a festival ma senza nessuna possibilità di affacciarsi nelle sale. Ciò influenza indubbiamente i criteri di selezione degli executive messicani, e leterogeneità del prodotto gradualmente svanisce. Ora sembra sia possibile una rivalutazione e una riscoperta critica che potrebbe aprire definitivamente le frontiere e assicurare anche al pubblico europeo unampia panoramica del cinema messicano, lontana dalle tradizionali banalità.    
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