
Siamo in Iraq nel 2003, pochi giorni prima che Bush arrivi a Baghdad con il suo storico “mission accomplished” . L’ufficiale americano Roy Miller (Damon) trova accidentalmente le prove che la strategia di guerra adottata dagli Stati Uniti per ristabilire l’ordine nel Paese, si basi su una serie di bugie finalizzate ad avere il controllo totale sia delle comunicazione che dei modus operandi in tempo di guerra (ovvero tortura, infiltrazioni, inganni). C’è una vera e propria guerra interna di potere e le premesse (l’attualità lo dimostra) non potranno che portare ad un protrarsi del conflitto e delle vittime mediorientali e statunitensi. Su un contesto storico reale, si inserisce una storia di finzione (quella di Miller) a sua volta basata su fondamenti di verità. L’ispirazione della sceneggiatura di Brian Helgeland (“L.A. Confidential”, “Mystic River”) è tratta dal bestseller del 2006 “Imperial Life in the Emerald City” del giornalista Rajiv Chandrasekaran, spietata analisi della perdente strategia adottata dagli USA nella prima parte della guerra in Iraq.

“Green Zone” riesce a coniugare il contenuto, ovvero una critica non anti-militarista in senso assoluto, ma relativa alle modalità con cui l’invasione è stata compiuta, con una forma che fa tenere il fiato sospeso dall’inizio alla fine. Da una parte gli aperitivi a bordo piscina di politici e speculatori, dall’altra una città distrutta, la corsa sul filo della vita di giovani militari che pensano di fare la cosa giusta mentre dall’alto vengono mossi come pedine dai burattinai della politica. A Grengrass (che ha girato il film in Marocco, Spagna e Inghilterra) basta un’immagine per fare capire come appaia la guerra da dietro la vetrina del benessere, mentre con la sua macchina da presa si butta a capofitto tra le macerie. Fotografia sgranata, immagine sempre tremolante come se un cameramen si trovasse sempre dietro al protagonista per riportarcene tutte le azioni (d’un tratto siamo noi sul campo di guerra), tagli di montaggio continui alternati lunghi piani sequenza, dialoghi che corrono al sodo perché non c’è tempo da perdere, quella bomba ad orologeria chiamata Medio Oriente è pronta ad esplodere ed in questo caso il conto alla rovescia l’hanno fatto partire gli stessi artificieri.

Con "Green Zone” veniamo portati per mano nell’Iraq anno-meno-uno, non più in guerra tra eserciti, ma ancora non in ricostruzione. Guerriglia, gioco sporco. Si beve tutto d’un fiato. Angoscia, rabbia, azione. Matt Damon, finalmente non più soldato Ryan da salvare. Vale anche un paio di visioni, ce lo ricorderemo a lungo.
Il film sarà distribuito dalla Medusa Film a partire dal 9 aprile.
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