Nella carrellata iniziale, nell'incedere in penombra di Chadwick Boseman vestito di velluto rosso, sembra davvero per un momento di assistere a un miracolo. E per un momento, importante, nel suo introdurci a un biopic su una figura tanto controversa, sembra davvero che Tate Taylor sia riuscito a riportare alla vita, rendendone epiche le opere e i miracoli (ma soprattutto le battaglie e le sconfitte), il 'Padrino del Soul', James Brown.
La trasformazione e' incredibile. Seppur incostante, visto che il trucco - soprattutto in alcune scene 'adulte' - resta troppo carico, anche se con un effetto meno innaturale di altre volte. Ma la mimesi fisica, in fondo, non e' la parte su cui contano le capacita' empatiche di Get On Up - La storia di James Brown ne' quelle attoriali del protagonista, gia' apprezzato in 42 (purtroppo visto con difficolta' in Italia) e che qui offre una prova di quelle che aprono qualche porta.
Il resto lo fa la figura e il carisma del soggetto: Mr. Dynamite, Funky President, Mr. Please Please Please, The Hardest-Working Man in Show Business, soprannomi spesso autoaffibbiatisi che servono a Tate Taylor come capitoli di questa sconnessa biografia. A un livello piu' superficiale, quello cronologico, nel costante spostarsi lungo il corso della vita raccontata. Su un piano piu' profondo, narrativo, con una gestione della materia che rischia di apparire confusa.
Non certo per le capacita' di gestirla di un regista che ha gia' dimostrato qualcosa (anche se appoggiandosi sempre su un cast e interpretazioni importanti), ma anche per un montaggio che non riesce a dare un ritmo omogeneo ai passaggi tra le tappe musicali e le drammatizzazioni determinate dalla finzione cinematografica. Difficile distinguere tra gli eccessi del personaggio e le forzature della sceneggiatura, sin dalla prima scena 'armata' fino al suo controverso incontro da adulto con la madre, ma l'impressione e' che (anche?) stavolta il buon Taylor abbia puntato troppo su una ricerca facile (secondo alcuni persino ricattatoria) dell'emozione.
Da Little Richard agli Stones (sara' un caso che Mick Jagger sia anche produttore del film?) alla morte di Martin Luther King, molto di quegli anni rientra - piu' o meno evidentemente - nel racconto, e Dan Aykroyd e' solo il piu' cinematografico dei 'ganci' dai quali risulta davvero facile farsi afferrare, in questo senso. Dal lungo rimestare nel fango della vita di Brown (dai bassifondi alla sua personalistica gestione dei rapporti amicali e relazionali), molto emerge, compresa parte della storia discografica - e delle sue politiche commerciali, anche razziste - di quegli anni, ma alla fine tutto viene coperto da una generica esaltazione, costruita sui rapporti con le figure di contorno piu' che a partire dalla effettiva e essenziale sua biografia.
A prescindere dalla buona prova di Boseman, la presenza di comprimari non da poco e di una materia ricca e densa, quella di Get on Up resta una storia che meritava essere raccontata, anche se parzialmente (purtroppo) e con discutibili e frustranti carenze (ma una selezione era necessaria). Forse sarebbe stato meglio decidere per una forma che non finisse per far cozzare una divisione in capitoli con i tanti flashback e i molti intermezzi cantati con uno svolgersi equilibrato e godibile di una vita che - in realta' - una sua conclusione (o risoluzione) non l'ha mai avuta, nemmeno con la morte. Una cronaca, unica, del 'prezzo pagato per essere il migliore' che finisce con il lasciare un prolungato senso di insoddisfazione.
Get On Up uscira' in Italia il 6 novembre 2014, distribuito da Universal Pictures.
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Get On Up - La Nostra Recensione
Stavolta niente effetto 'Help' per Tate; il Mito Brown finisce per restare affidato alla memoria
07.11.2014 - Autore: Mattia Pasquini