La Disney sfodera il sequel del suo cartone animato moderno dall’anima più classica: le principesse, un mondo fatato, le favole, i buoni sentimenti pronti a riscaldare le feste. In una parola: Frozen - Il regno di ghiaccio, che in questo secondo capitolo diventa Frozen 2 – Il segreto di Arendelle.
Il futuro della Pixar sembra voler puntare su colorate riletture della realtà, come Soul (sulla scia di Inside Out) e Onward – Oltre la magia. Frozen, invece, ci porta indietro nel tempo (o forse in un luogo senza tempo), in un universo figlio delle storie di Hans Christian Andersen. Mitologia norrena, cavalieri, sovrani e creature giganti. Il tutto strizzando l’occhio a Broadway, alle coreografie, alle canzoni che si fanno videoclip (geniale quella dove il “montanaro” Kristoff si strugge d’amore per la bella Anna). L’obiettivo è giocare con la nostalgia, creare un ponte tra l’epoca di Biancaneve e i sette nani e quella della Pixar.
Ovviamente le eroine di oggi non sono più vittime da salvare, determinano il loro destino, sanno come governare un regno. Elsa è la regina di Arendelle, ed è quasi spaventata dai suoi poteri, come se fosse un supereroe Marvel. La sorella Anna è complementare: cerca di proteggerla, di placare il suo animo inquieto. In questo episodio la saga di Frozen si fa più matura, con alcune venature dark: foreste maledette immerse nella nebbia, spiriti che si risvegliano, la furia degli elementi da domare.
Visivamente è sorprendente, soprattutto nella sequenza della tempesta, che sembra un dipinto dalle tinte desaturate. Ma il racconto è solido. Ci si interroga sulla difficoltà di comunicare (Kristoff non riesce a trovare le parole per chiedere ad Anna di sposarlo), sul rapporto di incontro e scontro tra le due protagoniste, e sulla difficoltà di crescere. In quest’ultimo caso a rubare la scena è il pupazzo di neve Olaf, in crisi per i mutamenti del suo corpo e delle sue emozioni. Ma la paura si trasforma in speranza, come in tutte le storie targate Disney.
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Stupisce la metafora anticolonialista, che richiama Pocahontas. Gli invasori sfruttano i popoli più deboli, non vogliono mescolarsi con loro. Il focus è sul terrore generato dall’ignoranza, il diverso visto come minaccia e non come fratello. Vecchi cavalli di battaglia si fondono con spunti contemporanei, anche ecologisti, in versione Maleficent per intenderci: mondi divisi, natura contro progresso, magia contro cinismo.
Frozen 2 - Il segreto di Arendelle supera le follie mostrate nel cortometraggio di due anni fa Frozen – Le avventure di Olaf, e si avventura per sentieri meno battuti. L’importanza della memoria, del ricordo. Non solo quando si parla di persone, ma quando si fa riferimento agli elementi, alla terra. La memoria dell’acqua, come il titolo di un romanzo di Silvana Gandolfi, però portata al cinema. I registi sono gli stessi del primo film: Jennifer Lee e Chris Buck. Ottima prova per i doppiatori italiani, specialmente per Serena Autieri, che non ha perso il suo smalto dopo la canzone All’alba sorgerò (in inglese Let it Go).
Il film uscirà nelle sale il 27 novembre distribuito dalla Disney.
Il futuro della Pixar sembra voler puntare su colorate riletture della realtà, come Soul (sulla scia di Inside Out) e Onward – Oltre la magia. Frozen, invece, ci porta indietro nel tempo (o forse in un luogo senza tempo), in un universo figlio delle storie di Hans Christian Andersen. Mitologia norrena, cavalieri, sovrani e creature giganti. Il tutto strizzando l’occhio a Broadway, alle coreografie, alle canzoni che si fanno videoclip (geniale quella dove il “montanaro” Kristoff si strugge d’amore per la bella Anna). L’obiettivo è giocare con la nostalgia, creare un ponte tra l’epoca di Biancaneve e i sette nani e quella della Pixar.
Ovviamente le eroine di oggi non sono più vittime da salvare, determinano il loro destino, sanno come governare un regno. Elsa è la regina di Arendelle, ed è quasi spaventata dai suoi poteri, come se fosse un supereroe Marvel. La sorella Anna è complementare: cerca di proteggerla, di placare il suo animo inquieto. In questo episodio la saga di Frozen si fa più matura, con alcune venature dark: foreste maledette immerse nella nebbia, spiriti che si risvegliano, la furia degli elementi da domare.
Visivamente è sorprendente, soprattutto nella sequenza della tempesta, che sembra un dipinto dalle tinte desaturate. Ma il racconto è solido. Ci si interroga sulla difficoltà di comunicare (Kristoff non riesce a trovare le parole per chiedere ad Anna di sposarlo), sul rapporto di incontro e scontro tra le due protagoniste, e sulla difficoltà di crescere. In quest’ultimo caso a rubare la scena è il pupazzo di neve Olaf, in crisi per i mutamenti del suo corpo e delle sue emozioni. Ma la paura si trasforma in speranza, come in tutte le storie targate Disney.
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Stupisce la metafora anticolonialista, che richiama Pocahontas. Gli invasori sfruttano i popoli più deboli, non vogliono mescolarsi con loro. Il focus è sul terrore generato dall’ignoranza, il diverso visto come minaccia e non come fratello. Vecchi cavalli di battaglia si fondono con spunti contemporanei, anche ecologisti, in versione Maleficent per intenderci: mondi divisi, natura contro progresso, magia contro cinismo.
Frozen 2 - Il segreto di Arendelle supera le follie mostrate nel cortometraggio di due anni fa Frozen – Le avventure di Olaf, e si avventura per sentieri meno battuti. L’importanza della memoria, del ricordo. Non solo quando si parla di persone, ma quando si fa riferimento agli elementi, alla terra. La memoria dell’acqua, come il titolo di un romanzo di Silvana Gandolfi, però portata al cinema. I registi sono gli stessi del primo film: Jennifer Lee e Chris Buck. Ottima prova per i doppiatori italiani, specialmente per Serena Autieri, che non ha perso il suo smalto dopo la canzone All’alba sorgerò (in inglese Let it Go).
Il film uscirà nelle sale il 27 novembre distribuito dalla Disney.