Probabilmente le voci rimbalzate in rete relative alla possibilità di una candidatura all'Oscar come miglior attore non protagonista per Sylvester Stallone sono più da ascriversi all'emotività e all'affetto, ma non si può negare che la prova del vecchio Rocky nello spinoff della sua storica saga sia di quelle maiuscole. Anche di questo vive - e si gloria - il Creed di Ryan Coogler (esordiente nel 2013 con Prossima fermata Fruitvale Station, oggi al secondo film) nel quale assistiamo a una ennesima rinascita, se non dell'eroe del suo spirito.
Della premessa si è empiamente discusso in rete, ma ritrovare Sly malato e tanto male in arnese non può non toccare le corde giuste. E forse - a voler essere maligni - il fatto che per la prima volta non sia lui stesso l'autore della sceneggiatura è un'arma in più, capace di fornire quella necessaria distanza dal mito per poterlo rendere umano e superarlo. Anche se in maniera prevedibile e stereotipata, grazie all'ennesimo 'pupillo' o erede al quale trasmettere quello che ancora oggi gli spettatori sperano di trovare in questi film.
Questo comporta un aspetto sempre più frequente al cinema e l'assunzione di un rischio, quello di esagerare nell'accondiscendere alle aspettative del pubblico. Immancabile e - anche stevolta - non evitato. Almeno non completamente. Ché la vicenda si svolge in maniera coerente, permettendo agli interpreti di ritagliarsi il proprio spazio, senza restare schiacciati dal peso della leggenda. Stallone compreso, visto che la sua prova di attore è a livelli che non si erano visti spesso negli ultimi anni.
Sfruttare il figlio del vecchio Apollo resta comunque uno spunto sviluppato in maniera intelligente. Un nuovo (anti) eroe che potrebbe meritare addirittura una saga a sé stante, almeno nelle speranze dello Sly produttore. Forse troppo rosee, ma sicuramente non fantascientifiche, almeno a vedere il responso positivo raccolto. Anche nonostante qualche esagerazione - come dicevamo - nel voler ricreare atmosfere e situazioni passate nelle quali incollare la nuova figura di riferimento.
Ma nonostante qualche caduta - tra bagni di folla, allenamenti maieutici e commenti musicali fin troppo 'hip' - la macchina da presa di Coogler riesce a imporre un ritmo particolare e a gestire con equilibrio ironia, dramma e intimità. E a condurci verso un crescendo convincente seppur 'costruito' (tant'è che i finali girati erano addirittura due, e di segno opposto, come ha rivelato il regista), seguito da un epilogo che potremmo definire 'affettuoso', ma che riconcilia con il franchise.
Creed – Nato per combattere, in sala dal 14 gennaio, è distribuito da Warner Bros.
Della premessa si è empiamente discusso in rete, ma ritrovare Sly malato e tanto male in arnese non può non toccare le corde giuste. E forse - a voler essere maligni - il fatto che per la prima volta non sia lui stesso l'autore della sceneggiatura è un'arma in più, capace di fornire quella necessaria distanza dal mito per poterlo rendere umano e superarlo. Anche se in maniera prevedibile e stereotipata, grazie all'ennesimo 'pupillo' o erede al quale trasmettere quello che ancora oggi gli spettatori sperano di trovare in questi film.
Questo comporta un aspetto sempre più frequente al cinema e l'assunzione di un rischio, quello di esagerare nell'accondiscendere alle aspettative del pubblico. Immancabile e - anche stevolta - non evitato. Almeno non completamente. Ché la vicenda si svolge in maniera coerente, permettendo agli interpreti di ritagliarsi il proprio spazio, senza restare schiacciati dal peso della leggenda. Stallone compreso, visto che la sua prova di attore è a livelli che non si erano visti spesso negli ultimi anni.
Sfruttare il figlio del vecchio Apollo resta comunque uno spunto sviluppato in maniera intelligente. Un nuovo (anti) eroe che potrebbe meritare addirittura una saga a sé stante, almeno nelle speranze dello Sly produttore. Forse troppo rosee, ma sicuramente non fantascientifiche, almeno a vedere il responso positivo raccolto. Anche nonostante qualche esagerazione - come dicevamo - nel voler ricreare atmosfere e situazioni passate nelle quali incollare la nuova figura di riferimento.
Ma nonostante qualche caduta - tra bagni di folla, allenamenti maieutici e commenti musicali fin troppo 'hip' - la macchina da presa di Coogler riesce a imporre un ritmo particolare e a gestire con equilibrio ironia, dramma e intimità. E a condurci verso un crescendo convincente seppur 'costruito' (tant'è che i finali girati erano addirittura due, e di segno opposto, come ha rivelato il regista), seguito da un epilogo che potremmo definire 'affettuoso', ma che riconcilia con il franchise.
Creed – Nato per combattere, in sala dal 14 gennaio, è distribuito da Warner Bros.