In America hanno una speciale sottocategoria di film sportivi: gli
“inspirational coach drama”. La vita reale di allenatori che
trasformano un gruppo di disadattati in campioni, dando lezioni di vita
e di sport. La disciplina e il gioco di squadra: un sermone dietro
l’altro. Gene Hackman in Hoosiers (lo zenit del genere), Denzel Washington ne Il sapore della vittoria, Billy Bob Thornton in Friday Night Lights o Walter Matthau in Che botte se incontri gli “orsi”. Ora Samuel L. Jackson nelle vesti di Coach Carter, che pare il riepilogo del genere.
La storia vera di Ken Carter
Questo scenario l’abbiamo già visto da qualche parte: un allenatore di
basket prende una squadra perdente di ragazzi sbandati. Perde subito le
due stelle, che se ne vanno di fronte alla rigida disciplina militare
instaurata. E che succede? Iniziano a vincere senza fermarsi più.
Il film è basato sulla storia vera di Ken Carter, il proprietario di un
negozio di articoli sportivi che nel 1998 accetta per 1,500 dollari a
stagione di lavorare come allenatore di basket nel liceo doveva aveva
giocato da ragazzo, il Richmond High. I suoi metodi poco ortodossi lo
fecero balzare agli onori della cronaca.
“Ok ragazzo, hai un debito con me di 2500 flessioni e 1000 suicidi”
Voleva mostrare ai ragazzi che il loro futuro andava oltre le gang, la
droga, il carcere, persino oltre il basket. Torna nel liceo di cui
deteneva una serie di record ancora imbattuti. E’ un uomo pragmatico.
D’impegno e entusiasmo incrollabili. Arriva in giacca e cravatta ma è
subito chiaro che si tratta del sergente di ferro. Si susseguono
suicidi (allenamento fatto di sola corsa tipico del basket, il cui nome
non promette nulla di buono) e flessioni. Un ragazzo dopo aver
abbandonato la squadra torna sui suoi passi e si presenta da coach
Carter: “Ok ragazzo, hai un debito con me di 2500 flessioni e 1000 suicidi”.
Il contratto
Firma con i ragazzi un contratto in cui si impegnano a frequentare
regolarmente le lezioni, sedersi nei primi banchi, indossare camicia e
cravatta il giorno della partita e mantenere una determinata media a
scuola (2,3 nel sistema di valutazione americano). A Richmond, una
città operaia con un tasso di disoccupazione molto elevato, i ragazzi
hanno statisticamente più possibilità di finire in galera che al
college. La missione del coach è quella di invertire la tendenza. Anche
il basket viene dopo. Quando Carter scopre i pessimi voti di alcuni
ragazzi, decide di chiudere la palestra. Annulla partite e allenamenti,
proprio nel momento chiave della stagione, mentre la squadra, imbattuta
e entusiasmante, era finita sulla bocca di tutti in città. Città che
non ci sta, e insorge.
Urban black drama
Ci sono tutti gli elementi dello “urban black drama”: liceale gravida,
spari per le strade, droga, assenza di padri, madri single. La vita che
segue il solito ciclo: errore, punizione, riconciliazione. Il regista Thomas Carter (Save the last dance), memore della tanta tv fatta (Miami Vice, Hill Street giorno e notte),
regala una regia da telefilm americano. La sceneggiatura utilizza ogni
possibile clichè dello sport-movie e non lascia in panchina nemmeno una
cattiva idea. Non basta il fatto che sia tratto da una storia vera a
non far sembrare tutto finto e retorico.
Coach Samuel L. Jackson
Si lascia invece ammirare Samuel L. Jackson.
In mezzo a tanti ruoli secondari, qui è il generale che comanda il
grande schermo. Un vero punto esclamativo. Il vero Ken Carter: “In
effetti l’elenco degli attori che avrei visto bene nei miei panni era
molto breve, Samuel L. Jackson era l’unico nome di quella lista”.


NOTIZIE
Coach Carter
Il film è basato sulla storia vera di Ken Carter che nel 1998 accetta per 1,500 dollari a stagione di lavorare come allenatore di basket nel liceo doveva aveva giocato da ragazzo, il Richmond High

12.04.2007 - Autore: Claudio Moretti