Annunciata nel 2013, la prosecuzione delle avventure viste in Alla ricerca di Nemo conferma l'importanza di una politica qualitativa e produttiva come quella della Pixar, soprattutto se incrociata a quella - moderna e contemporanea - che la Disney ha mostrato spesso, in quanto a sequel, prequel o reboot. Alla ricerca di Dory, affidato alla regia dello stesso Andrew Stanton (anche sceneggiatore) non è immune dalle critiche più prevedibili - purtroppo - eppure resta una storia capace di riproporre motivi e dinamiche viste in precedenza senza farle apparire stantie o forzate. Certo, insistite sì, ma non si può avere (sempre) tutto.
Anche perché i dieci anni passati tra il film originario e la decisione ufficiale ci raccontano di tentativi di affidare il sequel a una fallimentare Circle 7 Animation (compagnia di animazione creata dalla stessa Disney) invece che alla Pixar di Steve Jobs, dell'accelerazione al progetto data dall'abbandono di un 'John Carter 2' e dei ben noti scrupoli morali seguiti alla visione dello splendido e toccante documentario Blackfish che hanno spinto i creativi degli Studios di Emeryville a modificare il finale del film. E per fortuna, visto che l'effetto Madagascar sarebbe stato insopportabile con i nostri eroi costretti all'interno dell'Oceanografico di Morro Bay, California.
[Piper, il corto che accompagna Alla ricerca di Dory]
Considerati gli inevitabili limiti di affidarsi agli stessi personaggi e di dover obbligatoriamente contare - più o meno - sulla stessa ambientazione non sorprende quindi che di frequente ci si trovi a confrontare quello che accade con ciò che accadeva. Ma forse quel che più dà fastidio è l'ossessività con la quale i temi di fondo vengono ripetuti e sottolineati, in ogni forma possibile. Persino giocando con la patologia della pesciolina protagonista, minimizzata e a tratti 'sospesa' per ovvie necessità narrative. A onor del vero va riconosciuto che non avrebbe potuto molto, da sola e dimentica, né avrebbe avuto senso l'affidare la sua porzione al riuscitissimo e irresistibile Hank, polpo trasformista e principale new entry (insieme al Beluga Bailey e allo squalo Balena Destiny) del film (nel quale trovano naturalmente spazio anche i volti più noti, tartarughe e mante su tutti).
Tutti insieme, i personaggi di ieri e oggi, con le nuove traversie e una backstory familiare che da sola conferisce senso all'operazione, più della circolarità generale e dell'atteso lieto fine, pongono sicuramente Alla ricerca di Dory tra i sequel riusciti di casa Pixar. Per quanto lontani dai vari Toy Story, ma ancor più da Monsters University e Cars 2. Alla perdita di complessità emozionale e di evoluzione nelle caratterizzazioni fanno da contraltare una animazione di alto livello e tutto quanto il detto in precedenza. E per quanto l'eccellente trattamento dei diversi piani temporali - tanto nel prologo 'Origins' quanto nei continui flashback (sapremo anche perché Dory era convinta di parlare Balenese) - lasci fin troppo spesso spazio a una pedagogia spicciola e mirata a ribadire lezioni sul come trovare la fiducia in sé e negli altri, ci saremmo aspettati una maggior forza nel sostenere la causa animalista. Sarà che il momento in cui si finisce con l'empatizzare di più con la nostra eroina ritrovata è proprio quando la vediamo pronta a voltare le spalle al Paradiso artificiale creato dall'uomo tanto quanto alla bellezza rassicurante della Barriera Corallina, affascinata e attratta dall'onnipresente e avvolgente e infinito Blu profondo.
Alla ricerca di Dory, in sala dal 14 settembre 2016, è distribuito da The Walt Disney Company.
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Alla ricerca di Dory - La nostra recensione in anteprima
Torniamo sulla Barriera Corallina con Nemo & Co. per un nuovo viaggio oceanico, ricco di rimandi e di novità.
27.06.2016 - Autore: Mattia Pasquini (Nexta)