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Stasera in TV, 20 novembre: gli irresistibili Geoffrey Rush e Colin Firth di Il discorso del Re

Un vero - inatteso e contestato - trionfo per il film di Tom Hooper, che vinse l'Oscar anche per attore e sceneggiatura

20.11.2016 - Autore: Mattia Pasquini (Nexta)
Una storia inglese, diversa da molte. Come diversa è stata la figura di Re Giorgio VI raccontata in Il discorso del Re di Tom Hooper. Una storia toccante e divertente che conta sulle grandi interpretazioni di Colin Firth, Helena Bonham Carter e Geoffrey Rush per rendere ancora più unica la vera storia del Monarca e della sua lotta con la propria voce e le proprie responsabilità in un momento chiave della storia britannica.

Il film. Dopo la morte di suo padre Re Giorgio V (Michael Gambon), e la scandalosa abdicazione di Re Eduardo VIII (Guy Pearce), Bertie (Colin Firth), che soffre da tutta la vita di una forma debilitante di balbuzie, viene improvvisamente incoronato Re Giorgio VI d'Inghilterra. Con il suo paese sull'orlo della guerra e disperatamente bisognoso di un leader, sua moglie Elisabetta (Helena Bonham Carter), la futura Regina Madre, organizza al marito un incontro con l'eccentrico logopedista Lionel Logue (Geoffrey Rush). Dopo un inizio burrascoso, i due si mettono alla ricerca di un tipo di trattamento non ortodosso, finendo col creare un legame indissolubile. Con l'aiuto di Logue, della sua famiglia, del suo governo e di Winston Churchill (Timothy Spall, che aveva già interpretato il personaggio in Jackboots on Whitehall nel 2010  nell'apertura delle Olimpiadi di Londra del 2012), il Re riuscirà a superare la sua balbuzie e farà un discorso alla radio che ispirerà il suo popolo e lo unirà in battaglia.



Dietro le quinte. Per sua stessa ammissione, Paul Bettany si pentì a lungo di aver rifiutato il ruolo - scritto appositamente per lui, sin dall'inizio - per avere più tempo da dedicare alla propria famiglia. In compenso, per averla, la produzione fu ben lieta di adeguarsi agli impegni di Helena Bonham Carter, in quel momento impegnata sul set di Harry Potter e i Doni della Morte - Parte 1 e 2. Un investimento riuscito, nel complesso, per la produzione, che a partire da uno script giacente nella famosa 'Blacklist' delle sceneggiature non realizzate riuscì a conquistare il primo Oscar per il Miglior Film mai andato a un titolo australiano. Anche grazie alla presenza di Geoffrey Rush, convinto grazie all'aiuto di un 'complice' che vivendo non lontano da casa dell'attore poté lasciargli lo script nella cassetta della posta, insiem a una nota di scuse per il metodo non convenzionale usato per far sì che venisse a conoscenza dell'esistenza della storia.

Perché vederlo. Uno spettacolo godibile e capace di soddisfare il pubblico, quello ottimamente confezionato da Tom Hooper e sostenuto dalle grandi interpretazioni dei suoi attori, capaci di trasmettere un flusso - a tratti potente - di emozioni pur entro i limiti contenuti di un equilibrio imposto dai personaggi e dalla stessa regia. L'ennesima perfetta macchina da Oscar dei fratelli Weinstein, in grado di funzionare anche quando 'in costume'. Un momento storico chiave, raccontato con grazia e mestiere e senza perdere - anzi! - l'umanità di un uomo chiamato a confrontarsi con una prova troppo più grande di sé, e a diventare Re. Uno dei più commoventi ed empatici che la storia del Cinema ricordi… Un istrionico Rush e un trasformista Firth diventano le due facce di un ipnotico Giano, grazie anche alla composta scrittura di David Seidler (Tucker), che ha saputo conquistare l'Academy - e gli spettatori di tutto il mondo - più dei vari The Social Network, Inception, The Fighter, Il cigno nero e Un gelido inverno, suoi contendenti.



La scena da antologia. Impossibile non omaggiare il momento storico - di rivincita, e 'rinascita' - cui l'intero film è dedicato e verso il quale corre, sviluppando le sue trame e approfondendo via via i personaggi nelle loro complessità, diversità e fragilità. Ma a parte quel culmine, sono sicuramente indimenticabili le scene degli esercizi cui il Re si sottopone guidato da Logue. Colin Firth riesce perfettamente a trasmettere la grande dignità e l’imbarazzo del Re alla ricerca disperata di una soluzione al proprio problema, ed è commovente e divertente al contempo nel suo impegno. Lo vediamo saltare, scuotere le guance, urlare dalla finestra, sdraiato a terra mentre la regina si siede sulla sua pancia, in un crescendo di situazioni ambientate tutte nel limitato spazio dello studio del medico. In questa semplice stanza, decorata con vistosa e scadente tappezzeria a fiori, il sovrano d’Inghilterra diventa solo un paziente, abbandona ogni pudore, diventando paonazzo per lo sforzo e lasciandosi andare a colorite imprecazioni. Ma insieme rendendo evidente quanto il suo problema di balbuzie non fosse in realtà del tutto meccanico, come la Regina si ostinava a sostenere.

I Premi. La pellicola ha vinto ben sette premi ai BAFTA Awards, tra cui Miglior Film e Miglior Film Britannico. Ma soprattutto 4 Premi Oscar (Film, Regia, Attore protagonista e Sceneggiatura originale) sulle 12 nomination di partenza e un David di Donatello come Miglior Film dell'Unione Europea. Colin Firth - pur criticato da alcuni perché non somigliante al sovrano originale - ebbe l'onore di bissare la statuetta dell'Academy anche con il Golden Globe per il Miglior Attore in un film drammatico e gli analoghi Satellite ed Empire Award… tra i - tanti - altri!

Dove e quando. Alle 21.00 su Iris, canale 22 del digitale terrestre e 11 della piattaforma satellitare TivùSat.