Un grande punto interrogativo per l’esordio della serie Shadowhunters, tratta dalla saga letteraria di successo omonima - Shadowhunters - The Mortal Instruments - scritta da Cassandra Clare e disponibile su Netflix Italia da metà gennaio.
La prima riflessione da fare è che il primo dei tredici episodi di Shadowhunters, dal titolo La coppa mortale, cerca di sintetizzare due aspetti caratteristici dei libri della Clare. Uno di questi è quello dell’ambientazione urbana, la storia è infatti localizzata nella New York contemporanea, e uno invece è più fantasy, ed ha bisogno di costruire un universo esoterico credibile e fantastico dove far svolgere le avventure della protagonista.

Tutto è ridondante, ripetuto e semplificato nel ricordare al pubblico che la Fray sta per compiere diciotto anni e presto vedrà svelato un mistero riguardo alla propria identità. Un’operazione che appare come non molto giustificata sul piano narrativo, anche pensando a molti esperimenti recenti di trasposizione al cinema e sul piccolo schermo dei cosiddetti romanzi e saghe young adult, che hanno sperimentato in questi anni molti temi mortiferi al proprio interno, ma che ricalca in parte il dualismo della saga, dove gli shadowhunters e gli umani vivono gli uni accanto agli altri.
Qui invece sembra che quando si vuole tornare a parlare ad un pubblico under 30, ma anche oltre, si cerchi di trattarli come creature da non spaventare eccessivamente. Sia per temi, sia per complessità di racconto. E di questa prospettiva soffre infatti eccessivamente il pilot di Shadowhunters.

Perché è senza guizzi, senza inventiva, e anche la parte puramente tecnica non riesce a brillare per ambientazione, effetti speciali e tensione drammaturgica. Questi ultimi sono elementi lasciati a una messinscena artigianale e che si accontenta per ora di poggiare sulla classica dicotomia metropoli notturna uguale metropoli pericolosa e dubbia.
Certo, siamo solo alla prima puntata, però considerando i progressi che il cinema e la televisione hanno fatto nei confronti anche del giovane pubblico, questo primo sguardo a Shadowhunters inquadra un prodotto piuttosto debole che speriamo migliori in futuro.

Tutto è ridondante, ripetuto e semplificato nel ricordare al pubblico che la Fray sta per compiere diciotto anni e presto vedrà svelato un mistero riguardo alla propria identità. Un’operazione che appare come non molto giustificata sul piano narrativo, anche pensando a molti esperimenti recenti di trasposizione al cinema e sul piccolo schermo dei cosiddetti romanzi e saghe young adult, che hanno sperimentato in questi anni molti temi mortiferi al proprio interno, ma che ricalca in parte il dualismo della saga, dove gli shadowhunters e gli umani vivono gli uni accanto agli altri.
Qui invece sembra che quando si vuole tornare a parlare ad un pubblico under 30, ma anche oltre, si cerchi di trattarli come creature da non spaventare eccessivamente. Sia per temi, sia per complessità di racconto. E di questa prospettiva soffre infatti eccessivamente il pilot di Shadowhunters.

Perché è senza guizzi, senza inventiva, e anche la parte puramente tecnica non riesce a brillare per ambientazione, effetti speciali e tensione drammaturgica. Questi ultimi sono elementi lasciati a una messinscena artigianale e che si accontenta per ora di poggiare sulla classica dicotomia metropoli notturna uguale metropoli pericolosa e dubbia.
Certo, siamo solo alla prima puntata, però considerando i progressi che il cinema e la televisione hanno fatto nei confronti anche del giovane pubblico, questo primo sguardo a Shadowhunters inquadra un prodotto piuttosto debole che speriamo migliori in futuro.