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Serie Cult: 10 ragioni per amare The Newsroom

La serie di Aaron Sorkin costituisce una delle produzioni HBO più interessanti delle ultime stagioni. Per vari motivi.

02.02.2016 - Autore: Mattia Pasquini (Nexta)
La HBO oggi è Il Trono di Spade o True Detective o Veep, ma soprattutto è stata I Soprano, Boardwalk Empire e Sex and the City… Una tradizione importante. Che si perpetua (a breve con Vinyl e Westworld) anche grazie a produzioni come quella della recente The Newsroom. Andata in onda negli Stati Uniti tra il 24 giugno 2012 e il 14 dicembre 2014, e trasmessa in Italia su Rai 3, per tre stagioni la serie ci ha permesso di scoprire come nascono le notizie, e come a volte vengono nascoste, e di apprezzare un team di grandi attori e realizzatori in grado di trovare linee narrative convincenti e dinamiche originale anche in un ambito potenzialmente limitato. E a fare della serie una delle più grandi sorprese degli ultimi anni. Anche per i motivi che elenchiamo di seguito...


1. La firma è di Aaron Sorkin. Se non lo avete amato per West Wing - Tutti gli uomini del Presidente e Studio 60 on the Sunset Strip, potreste aver apprezzato inconsapevolmente L'arte di vincere, The Social Network e l'ultimo Steve Jobs. È uno degli autori più ricercati del panorama statunitense degli ultimi anni; uno che dà una fortissima impronta personale a quello che scrive, e che non si fa problemi a stravolgere i piani di una produzione (come accaduto proprio per The Newsroom) se non è convinto della qualità del prodotto. E anche in questo caso il suo tocco è evidente. Per fortuna.

2. Jeff Daniels guida un cast maestoso. Il suo anchorman Will McAvoy è circondato dalla produttrice esecutiva MacKenzie McHale (Emily Mortimer), il produttore Jim Harper (John Gallagher Jr.), Maggie Jordan (Alison Pill), Sloan Sabbith (Olivia Munn), Neal Sampat (Dev Patel), Don Keefer (Thomas Sadoski) e il capo della divisione news della ACN Charlie Skinner (Sam Waterston). Tanti volti noti, ma che in alcuni casi hanno beneficiato di un forte rilancio professionale - vedi Munn, Patel e Sadoski - proprio grazie alla loro partecipazione.



3. È una occasione unica per osservare il dietro le quinte di una redazione televisiva e giornalistica, incredibilmente realistico per altro. Dalla divisione dei servizi alla programmazione della serata, dai problemi legali alle trame personali dei vari soggetti, ma soprattutto per quanto riguarda la creazione delle notizie, la loro trattazione e i rischi di censura che quotidianamente si combattono, internamente ed esternamente. In molti casi, per espressa volontà dei creatori, gli episodi hanno offerto situazioni che richiamavano direttamente figure ed eventi reali, confermando la valenza della serie come specchio dei nostri tempi.

4. Anche la sede della stessa Atlantis Cable News (ACN) è reale. Non tanto gli interni, ovviamente, quanto gli esterni, la lobby, l'ingresso e la facciata del palazzo che la ospita. La Bank of America Tower utilizzata per le riprese si trova infatti sulla 6th Avenue di Manhattan, New York, tra la 42esima e 43esima strada, al numero uno di Bryant Park, splendido parco adiacente la National Library che appare in molte scene all'aperto delle tre stagioni.

5. Lo sguardo del quale accennavamo, all'interno della redazione giornalistica di una grande rete statunitense, oltre a mostrare le gerarchie interne e i rapporti di forza all'interno di un Network più ampio, e tutta una serie di condizioni e accorgimenti logistici e sottostanti alle scelte dei vari producer riguardo le singole storie, mette in scena anche la crescente importanza che negli Usa e nel mondo hanno via via assunto i nuovi media e la connessione con internet e con gli stessi partecipanti alla community del sito (protagonisti in particolare della seconda stagione).

6. È uno show 'unisex'! Difficile definire un pubblico privilegiato, come anche identificare un sesso 'forte' all'interno del team. Uomini e donne hanno in egual misura peso specifico e situazioni nelle quali ci mostrano punti di forza e umane debolezze. Per non parlare dell'equilibrio perfetto mantenuto nello sfruttamento dei personaggi di ambo i sessi e nella loro evoluzione.



7. Nonostante questo, è notevole lo spazio concesso ai suoi personaggi femminili (quasi una prassi per Sorkin). Qualcosa che però purtroppo non sembra potersi spesso dare per scontato - soprattutto ascoltando le dichiarazioni delle attrici, statunitensi in primis - e che qui ci permette di godere di attrici davvero in stato di grazia. Dalla onnipresente e inarrestabile Emily Mortimer, alla magnetica Jane Fonda (purtroppo presente solo in dieci sceltissimi episodi) fino alla affascinante Olivia Munn (X?Men: Apocalypse, Zoolander 2), la cui analista finanziaria ha saputo crescere obbligando gli autori a ridefinirne il personaggio. Senza metterne in ombra le naturale sensualità e spirito.

8. Qualcuno l'ha persino descritta come una 'Rom-Com', ossia una commedia romantica, ma questa - come ogni altra - definizione sarebbe riduttiva per un prodotto del genere. Di certo, sempre parlando di equilibrio, va detto che nelle storie raccontate nelle tre stagioni si possono ritrovare numeri quasi equivalenti di situazioni di dramma e comedy. Come l'obbligo a trattare ogni giorno notizie difficili, ma il farlo con persone con le quali si finisce con l'empatizzare facilmente (e ridere), comporta naturalmente…

9. Sono solo 25 episodi: 10 il primo anno, 9 il secondo e 6 nella stagione conclusiva. Un pregio, considerato come spesso molte produzioni siano costrette ad 'allungare il brodo' con deviazioni innecessarie alla narrativa, dettate quasi esclusivamente da necessità contrattuali e di palinsesto. Un peccato, per quanti non ne avrebbero avuto mai abbastanza. Eppure questo potrebbe permettere a tanti potenziali spettatori di avvicinarsi e goderne senza lo scrupolo di non avere abbastanza tempo per recuperarla.

10. Per quanto possa toccarci relativamente, The Newsroom è per molti versi il miglior modo per avvicinarci alle ormai sempre più prossime elezioni presidenziali statunitensi. Per i temi (ambiente, droga, diritti civili ed economia) e le indagini descritte, per i numerosi esempi di dibattiti e contraddittori - per una volta, giornalisticamente curati e svolti (merce rara per il nostro sistema di informazione, soprattutto politica) - e per gli spunti e gli interrogativi posti agli elettori di ambo gli schieramenti. E per la fatidica domanda ricorrente, lasciata a questi ultimi tanto quanto ripetuta dai protagonisti e lasciata alla sensibilità del pubblico: Come mi sarei comportato io?