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Le fate di Ferzan Ozpetek

Intervista a Ferzan Ozpetek

Berlino

01.02.2001 - Autore: Fabrizio Marchetti
La forza dellambiguità, il recupero dellistinto, un messaggio di amore espresso attraverso un turbinio di corpi e di forme che trascendono la mera materialità e indagano i tratti essenziali dellanimo umano. E il cinema di Ferzan Ozpetek, già autore di due acclamate pellicole quali Il bagno turco ed Harem Suaré. E ora la volta de Le fate ignoranti, opera in concorso al prossimo Festival di Berlino e storia dellincontro/scontro di due persone appartenenti a mondi molto diversi tra loro. Margherita Buy è Antonia, una donna medio borghese che, alla morte del marito Massimo, scopre casualmente che luomo la tradiva da sette anni con un gay, Michele - Stefano Accorsi. Decisa ad indagare su quella relazione, stringerà col ragazzo un legame molto sincero e profondo. Prendendo spunto dalluscita del suo film, abbiamo voluto incontrare il regista con lintento di ricavarne un profilo artistico ed umano.   Parlando del suo ultimo film, la prima cosa che colpisce è il fascino e il mistero del titolo. Chi sono per lei le fate ignoranti?   F.O. Come emerge dallepilogo della vicenda raccontata nel film, ho voluto sottolineare come nella vita di tutti vi siano persone in grado di cambiarci e di trasformare il corso della nostra esistenza. In questo senso queste si rapportano a noi come delle fate, intenzionate a renderci oggetto dei loro incantesimi. Sono tuttavia ignoranti perché non si comportano come le vere fate: spesso sono bugiarde, dicono le parolacce, hanno in sostanza un atteggiamento dimbroglio.   Dopo Il bagno turco ed Harem Suaré, due film che fanno esplicito riferimento alle sue origini turche, ecco la prima vera pellicola italiana dal sapore marcatamente autobiografico. Quali sono le ragioni che lhanno spinta a realizzarla?   F.O. Avevo anzitutto voglia di impegnarmi in un progetto più rilassante, meno difficile da realizzare a livello produttivo e con cui potermi essenzialmente divertire. Desideravo inoltre guardare allaspetto italiano della mia vita. Per quanto riguarda poi il carattere autobiografico del lavoro, cè da dire che Le fate ignoranti è sicuramente il film in cui mi ritrovo di più. Ne Il bagno turco cera la mia esperienza e visione di Istanbul, in Harem Suaré compariva mia nonna, in questa pellicola racconto gli anni che fino ad oggi ho trascorso nel quartiere Ostiense di Roma.   Le passioni, i sentimenti, lidea costante del viaggio: tutti elementi che hanno determinato il successo delle sue precedenti produzioni. In che modo li ritroviamo ne Le fate ignoranti?   F.O. Il tema del viaggio è narrato attraverso il peregrinare di Antonia (Margherita Buy, n.d.r.) attraverso i quartieri romani. Lidea di fondo che ho voluto affrontare è che non cè bisogno di cambiare Paese per crescere e maturare, per capire unaltra cultura o per arrivare a conoscere se stessi; basta semplicemente recarsi alla porta accanto e suonare il campanello del vicino.   Il confronto con lEros è una tappa fondamentale per i suoi protagonisti: il giovane Francesco de Il bagno turco, Safiyé e Nadir in Harem Suaré ed ora la triade Antonia -Massimo - Michele. Qual è fra questi ultimi il personaggio che ha amato di più e col quale si è identificato maggiormente?   F.O. A questo proposito non ho molti dubbi: mi sento molto vicino tanto al personaggio di Stefano Accorsi, quanto a quello di Margherita Buy. Più precisamente, Antonia riflette il 30% del mio carattere, ossia il lato borghese e perbene della mia personalità; per il restante 70% sono invece Michele, uomo instabile ed impunito. Del resto, nella vita, sono una persona molto leggera, a volte frivola, da Eva Express per intenderci. Ma questo perché amo quegli individui che, pur scherzando e ridendo in allegria, nascondono con estrema sensibilità la loro profondità di spirito. Al contrario, non trovo spontanei e autentici coloro che si mostrano invece troppo seri e freddi nelle relazioni sociali: con tale glacialità evitano il confronto con gli altri e non mettono in mostra le qualità più genuine del loro carattere.   Un buon regista è anche colui che riesce a orchestrare bene gli attori con cui collabora. Come è stato lavorare con Stefano Accorsi e Margherita Buy?   F.O. Con Stefano, Margherita e con Gabriel Gargo, che nel film interpreta un ruolo molto difficile, ho stabilito immediatamente una grande intesa. Sono attori che si lasciano andare e riescono a farsi plasmare secondo le esigenze del copione. Ma in generale credo che quello del regista sia un lavoro molto collettivo e dinamico. Un esempio: ho scritto con Gianni Romoli nove volte la sceneggiatura del film e poi ho voluto realizzare una decima versione insieme agli interpreti nel momento in cui ci siamo riuniti a casa. Non contenti del risultato finale, sul set abbiamo sottoposto lo script ad una revisione ulteriore che è stata poi quella definitiva. Daltra parte io mi fido molto dellistinto artistico degli attori: capita spesso infatti che durante le riprese, nonostante tu abbia in mente il tipo di inquadrature necessarie per dare leffetto desiderato alle scene, ti accorgi che lattore si siede da una parte o si sposta inavvertitamente in un punto della location, suggerendoti una nuova prospettiva con cui girare. Con tutto il gruppo ho così instaurato un rapporto armonico di rara intensità.   Allormai imminente edizione del Festival di Berlino Le fate ignoranti è insieme a Malena di Tornatore una delle due opere in concorso. Come ha accolto la notizia di essere stato selezionato?   F.O. Da un lato sono stato molto contento del risultato perché prendo parte alla manifestazione assieme a registi di calibro mondiale, autori di opere di indiscusso valore cinematografico; dallaltro la notizia stessa di concorrere in una lista così affollata da nomi altisonanti mi incute paura. E inutile che ci nascondiamo dietro false speranze: in sincerità mi auguravo di poter ottenere qualche riconoscimento ma, alla luce dei partecipanti, non credo di avere molte chance di vittoria. Nonostante tutto ritengo che la mia presenza a Berlino costituisca già di per sé una grande conquista per tutto il mio lavoro. Va benissimo così.   Sempre rimanendo in tema della kermesse tedesca, sembra che la cinematografia italiana dopo anni di sostanziale oscurantismo stia ritornando alla ribalta. A suo avviso, quali sono le tematiche che un regista italiano deve affrontare per proporre unimmagine sempre più convincente del nostro cinema allestero?   F.O A monte di ogni discorso, secondo me va fatta una premessa. La partecipazione di film italiani alle più importanti rassegne internazionali, così come leventuale assegnazione dei premi messi in palio, non decidono effettivamente la qualità e le sorti del nostro cinema. Molto importante è invece come le pellicole vengono sentite, lette ed interpretate dal pubblico e dalle persone dellambiente. Al momento non parlerei di rivitalizzare un cinema in crisi, meno che mai sono concorde con chi sostiene che non ci sono attori o registi in grado di realizzare lavori di un certo spessore. Nel cinema italiano non ci sono regole precise che ne definiscono a livello previsionale landamento futuro. In questo senso neppure il confronto con lestero può essere particolarmente proficuo. La prova di quanto detto lho avuta con Il bagno turco che è andato ovunque, ha ricevuto ben 37 premi ma non è mai stato presente in un grande concorso. Prima che lo girassi i miei collaboratori premevano affinché realizzassi una versione inglese capace di garantirgli un accresciuta visibilità internazionale. Tutti insistevano su questo punto ipotizzando un clamoroso fallimento della pellicola qualora non operassi limportante accorgimento linguistico. Non ho seguito il loro consiglio ma il lavoro ha riscosso lo stesso un successo enorme. Credo che il vero linguaggio universale sia quello dei sentimenti e delle emozioni. Se un regista riesce col suo lavoro ad arrivare al cuore delle persone, avrà il mondo ai suoi piedi.  
FILM E PERSONE