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Gianni, Walter e il Che

Libri, tv, documentari e ora un progetto cinematografico con Walter Salles sul giovane Che Guevara. Questi i tributi di Gianni Minà verso la sua America Latina. Un amore nato più di trent'anni fa, che si nutre di poesia, musica e storie incredibili.

Intervista Gianni Minà

12.04.2007 - Autore: Teresa Manuela Plati
Gianni Minà, giornalista e conduttore televisivo, nasce a Torino nel 1938. Collabora con quotidiani e settimanali italiani e stranieri e realizza per la Rai centinaia di servizi e interviste nelle trasmissioni più diverse, da TV7 a Blizt. Nel 1996 ha diretto \"Tuttosport\" e realizzato per Raidue il programma dinterviste Storie. Libri, tv, documentari e ora un progetto cinematografico con Walter Salles sul giovane Che Guevara. Questi i tributi di Gianni Minà verso la sua America Latina. Un amore nato più di trentanni fa, che si nutre di poesia, musica e storie incredibili. Gianni Minà è, da sempre, innamorato del Sudamerica. Basti ricordare i suoi film documentari su Fidel Castro, Rigoberta Menchù e il subcomandante Marcos, come pure la pubblicazione di Fidel Castro, con due storiche interviste al presidente cubano e Un continente desaparecido, reportage di grande successo di pubblico. Adesso, insieme a Walter Salles, il regista sudamericano diventato noto con Central do Brasil, sta scrivendo un film sul giovane Che Guevara ispirato al libro di memorie che il comandante scrisse durante un viaggio in moto. La nostra conversazione comincia proprio dal progetto prendendo spunto dal cinema fino ad arrivare alla realtà.   Partiamo da questo tuo ultimo progetto su Che Guevara. Come vorresti raccontare il personaggio nel film?   G.M.: Ho appena firmato un contratto con Robert Redford per scrivere e produrre il film insieme a Walter Salles. Se andrà tutto bene, sarà una pellicola sulle scoperte di un ragazzo argentino che parte a ventun anni in motocicletta con un amico alla ricerca davventura e si imbatte, invece, nella povertà e nello sfruttamento di tanti esseri umani in America Latina. Così, sempre con lamico Alberto Granado, decide di fermarsi a lavorare per qualche mese in un lebbrosario del Perù. Fa la sua scelta, cambia il destino di un ragazzo qualunque che non nasce eroe ma lo diventa. Una scelta che, dopo il ritorno a casa per laurearsi, lo porterà a dedicare la sua breve esistenza alla difesa dei diritti calpestati dei più deboli arrivando, purtroppo, alle estreme conseguenze. Sono molto contento di realizzare questo progetto con Salles. Dico questo non perché ci sto lavorando assieme ma perchè credo che Walter abbia un grande talento. Mi piacque molto, a suo tempo, Central do Brasil\": Walter è giovane, ma non giovanissimo e lo apprezzo soprattutto perché è molto colto, molto dotato. Si sente che non è una persona schiava delle nuove frontiere dellimmagine, del montaggio che devessere per forza frenetico, che deve avere dei tempi accelerati, dove deve accadere continuamente qualcosa. In Central do Brasil ci sono grandi piani sequenza, come facevano i grandi maestri del cinema, che devo dire ti prendono il cuore anche se lo rallentano. Il contrario succede invece in molti film recenti, come ad esempio quelli di Quentin Tarantino e di altri registi di serie B, che fanno film grotteschi obiettando che questo è il cinema moderno. Cè unintera generazione di autori latinoamericani che sopravvive, nonostante i problemi economici, ma non riesce ad arrivare qui da noi. La Scuola di Cinema di Santo Antonio de Los Banos, creata dal colombiano Garcia Marquez, dallargentino Fernando Birri, dai cubani Julio Garcia Espinosa e Ditondo Vieira Dela Cruz, ha prodotto tanti giovani validi autori. Ma da noi la cinematografia latino americana non trova spazio. Anche questo significa penalizzare popoli e culture.  
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