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Viaggio attraverso gli effetti speciali

Viaggio attraverso gli effetti speciali

Mary Poppins

09.01.2001 - Autore: Stanislao M. Di Amato
Ormai per moltissime persone parlare di cinema vuol dire parlare di effetti speciali, parlare di quelluniverso di tecnologie, alcune facilmente comprensibili, altre meno, che permettono la rappresentazione dellincredibile e la visualizzazione dellimprobabile. Sicuramente lontani dai mostri di cartapesta e degli artigianali modelli in scala che hanno popolato la cinematografia della prima metà del secolo, i moderni trucchi sono frutto di elaborazioni digitali, di complesse tecnologie robotiche e di una metodologia produttiva più vicina a quella di unindustria che a quella di un artista solitario (per quanto non manchino autorevoli esempi anche nellultima cinematografia di connubio arte-tecnologia). Sin dalle origini della storia delluomo lillusione è andata a braccetto con la scienza e la tecnologia, quindi non è strano che alla nascita del cinema qualche ardimentoso abbia subito usato la macchina da presa come strumento per creare una nuova forma di magia. Per quanto una diatriba storica è indecisa se attribuire il primo effetto speciale a Edmund Fleury o ad Alfred Clark (cineasti di fine 800), entrambi creatori di piccoli effetti nei loro lavori, si riconosce a Georges Méliès la paternità storica delle metodologie degli effetti speciali, avendone egli fatto elemento centrale nelle sue produzioni. Avvalendosi di accorgimenti che oggi verrebbero ritenuti banali, ma in grado allora di creare stupore e meraviglia in un pubblico ancora poco assuefatto ad una realtà riproiettata, Méliès trasformò la sua preparazione di illusionista teatrale in quella di artefice di magie elaborando e sfruttando principi come la multiesposizione della pellicola, la sostituzione di persona, il variare dei rapporti di ingrandimento con l\'uso di specchi e lenti, l\'utilizzazione in scena di creature meccaniche, creando piccoli capolavori come Le Voyage dans la Lune e The Dancing Midget. Per quanto nei primi due decenni del ventesimo secolo sono numerose le pellicole in cui vengono utilizzati effetti speciali, più che altro di tipo scenografico, è forse nel 1927 in Metropolis di Fritz Lang che si può riconoscere un film in cui vi sia la presenza di un notevole numero di effetti utilizzati per rappresentare in modo convincente un mondo futuribile. Il merito principale della riuscita visiva di questi effetti è da attribuirsi senza alcun dubbio ad Eugene Shuftan, creatore di una tecnica che porta infatti il suo nome effetto Shuftan, il quale, con un accorto uso di specchi, miniature e riprese dal vivo riuscì a portare sullo schermo la megalopoli fantascientifica in cui si svolge tutta la storia. Un personaggio altrettanto importante che operò in quello stesso periodo fu Willis OBrian, grande maestro della Stop Motion o Passo Uno, tecnica di animazione in grado di dare vita sullo schermo ad oggetti inanimati movendoli leggermente mentre si gira un fotogramma alla volta (questa tecnica è una delle poche che è sopravvissuta negli anni e viene tuttoggi utilizzata, basti pensare a Nightmare before Christmas di Tim Burton, lavoro completamente realizzato a passo uno). Il capolavoro indiscusso di OBrian è sicuramente King Kong del 1933, in cui, per dare vita al gigantesco primate e ad altre creature fantastiche, si ricorse alla tecnica della Stop Motion per moltissime inquadrature. Dal punto di vista degli effetti ottici, pur essendoci numerosi esperimenti nellarco della prima metà del secolo, è solamente nel 1964 con Mary Poppins che la Disney mette a punto una tecnica di ripresa chiamata Sodium Process basato sulla ripresa su un fondale la cui emissione luminosa è di 589 nanometri illuminato da luci al sodio con una particolare macchina da presa che, avendo un prisma posto al suo interno, permetteva di impressionare simultaneamente una pellicola a colori e una in bianco e nero, ottenendo in tal modo la maschera su cui lavorare in composizione. Il risultato erano dei mascherini molto precisi che permettevano un\'integrazione perfetta all\'interno del background. Nella scena del tè di Mary Poppins, i due attori, Julia Andrews e Dick Van Dyke, si muovevano e ballavano in un mondo completamente animato interagendo in continuazione con cartoons, senza che vi sia percezione di composizione tra differenti elementi.  
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