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Un supereroe qualunque, ecco come Stan Lee ha cambiato fumetto e cinema

Si è spento a 95 il più grande scrittore di fumetti del Ventesimo Secolo. Ecco perché le storie di oggi non sarebbero state le stesse senza di lui

Stan Lee

13.11.2018 - Autore: Marco Triolo
Come sempre accade in questi casi, la notizia della scomparsa di Stan Lee è stata accolta da un profluvio di messaggi di cordoglio sui social. Le star che hanno in un modo o nell'altro collaborato con lui o ne sono state influenzate hanno espresso il loro lutto con frasi più o meno sentite. Ce ne sono di molto belle e personali, ma la più bella di tutte e quella che più sintetizza ciò che l'opera di Lee ha rappresentato per generazioni intere è quella di Seth Rogen: “Grazie Stan Lee per aver fatto capire a chi si sente diverso di essere speciale”.

 
Prima dei fumetti di Stan Lee, prima della Marvel Age of Comics, i supereroi erano esattamente questo: individui super, persone che incarnavano l'ideale dell'essere umano. Dei, che si muovevano tra di noi proteggendoci senza chiedere nulla in cambio. Poi sono arrivati i Fantastici Quattro, Hulk, Spider-Man, Iron Man, gli X-Men. Persone comuni che si ritrovavano improvvisamente per le mani un potere non richiesto, tanto meraviglioso quanto distruttivo. Persone che dovevano decidere di usarlo per fare del bene e che, quando spinte oltre il limite, rischiavano di abusarne. Un eroe non si misurava più in base al suo essere senza macchia, ma in base alla sua volontà di proteggere il prossimo anche quando il prossimo lo perseguitava. Gli X-Men sono riconosciuti come la più grande metafora della lotta per i diritti civili dei neri mai diffusa tramite la cultura popolare. L'Uomo Ragno fu il primo supereroe a essere sistematicamente perseguitato dall'opinione pubblica e giudicato un criminale.

E a proposito di Spider-Man. L'invenzione di Peter Parker – dibattuta tra Lee e il recentemente scomparso Steve Ditko, creatore grafico del personaggio – fu uno spartiacque senza precedenti ed è forse l'esempio più cristallino della filosofia Marvel. Un nerd, tormentato dai bulli, gracile, timido con le ragazze ma in realtà estremamente intelligente e coraggioso. Quando Lee lo immaginò inizialmente, affidò a Jack Kirby, con cui aveva già creato i Fantastici Quattro e Hulk (e che insieme a Joe Simon aveva creato Capitan America una ventina di anni prima), il design del personaggio. Ne uscì il classico eroe muscoloso dalla mascella quadrata. Lee scartò subito quel look e chiese a Ditko di lavorarci. Spider-Man non poteva essere come gli altri eroi dei fumetti.

 
Il risultato di quell'esperimento (la prima storia venne pubblicata nell'ultimo numero di Amazing Fantasy, un magazine fallimentare che registrò un picco di vendite in quella occasione) ha ripercussioni ancora oggi. Nel fumetto e nel cinema, l'imperativo è creare dei protagonisti nei quali lo spettatore medio possa identificarsi. Luke Skywalker, Rey, Harry Potter. Sfigati, reietti a cui viene data l'occasione della vita. All'epoca dei fumetti DC Comics, il lettore si identificava nell'uomo della strada, che alzava lo sguardo e osservava ammirato la possanza degli eroi in costume. La Marvel rivoluzionò tutto questo, facendo sì che il lettore potesse identificarsi nell'eroe. Spider-Man rivoluzionò tutto questo. Stan Lee rivoluzionò tutto questo. Tanto che la DC stessa, nel suo messaggio ufficiale di cordoglio su Twitter, si è sentita in dovere di riconoscergli proprio questo: “Ha cambiato il modo in cui guardiamo gli eroi, e i fumetti moderni porteranno sempre il suo marchio indelebile”.

Stan Lee nell'esercito.
 
“I'm just a kid from Brooklyn”, dice Steve Rogers / Capitan America quando il bullo che lo sta picchiando codardamente in un vicolo si stupisce nel vederlo rialzarsi continuamente. Stanley Martin Lieber non era nato a Brooklyn ma poco distante, a Manhattan, da una famiglia di ebrei romeni immigrati in USA. Nel 1939, a diciassette anni, entrò alla Timely Comics, futura Marvel, come assistente. Tra le sue mansioni: cancellare le matite dalle tavole dei disegnatori, riempire le boccette dell'inchiostro, comprare il pranzo ai dipendenti. Un ragazzo con la testa piena di sogni e aspirazioni: voleva fare lo scrittore. Nel 1941 gli fu data l'occasione che attendeva, scrivere una storia di Capitan America. La firmò con quello che, anni dopo, sarebbe diventato il suo nome legale: Stan Lee. Voleva conservare il suo vero nome per quando avrebbe scritto “il grande romanzo americano”.

 
Lee non scrisse mai il grande romanzo americano. Ma, allo stesso tempo, possiamo dire che lo ha scritto nei suoi fumetti, creando una schiera di personaggi che hanno ridefinito la cultura popolare, conquistando televisione e cinema e raccontando l'essenza americana con una semplicità e una chiarezza che certi romanzi si scordano. Da parte di tutti coloro che nella vita si sono sentiti diversi, emarginati, e che hanno sempre saputo di avere solo bisogno di un'occasione per dimostrare il loro valore, oggi si innalza un sentito e unanime “Grazie”. Seguito da quella parolina con cui lui da sempre salutava i suoi fedeli fan: “Excelsior!”.