Di una guida avrebbe bisogno anche James Sveck (Toby Regbo), diciassettenne che si sente diverso dai coetanei, non trova nei genitori dei modelli da seguire, è confuso sulla sua identità sessuale e non ha alcuna intenzione di andare al college. Starà a lui risolvere i propri problemi e le ansie da prestazione, con qualche piccolo aiuto da parte della nonna (Ellen Burstyn) e di una life coach (Lucy Liu), e trovare il proprio posto nel mondo.

Roberto Faenza gira a New York questo racconto di formazione, tratto da un best-seller di Peter Cameron e situato in una curiosa via di mezzo tra “I dolori del giovane Werther” e “Tadpole” di Gary Winick. James è un giovane upper class, ricco, bello, colto, ama leggere e andare al cinema, ascolta musica classica. E' insomma il prototipo di tutto ciò che i suoi coetanei non sono, e per questo si sente un outsider. Non sa cosa sia la normalità, ma d'altro canto vive in una famiglia in cui il padre è un vanesio che si sottopone alla chirurgia plastica, la madre sposa uomini per poi lasciarli dopo due giorni e la sorella ha una relazione con un uomo molto più vecchio di lei e sposato, dunque forse la normalità è un concetto un po' più fluido di quello che vorrebbero fargli credere.
Il nostro incontro con Faenza e Stephen Lang.
Faenza vorrebbe che parteggiassimo per James, per il suo viaggio alla scoperta di se stesso, la sua presa di coscienza e il passaggio all'età adulta. Peccato che l'immedesimazione sia impossibile: la madre è proprietaria di una galleria d'arte, il padre un businessman. James è ricco, come dicevamo, si aggira in un mondo fatto di costose stanze d'albergo, feste esclusive, bottiglie di champagne. Vorrebbe comprare un cottage con la mancetta. Poverino.

La conseguenza diretta è che James risulta insopportabile, e i suoi problemi personali ridicoli. Davvero c'è bisogno di un film di un'ora e quaranta per raccontare il dilemma esistenziale di un adolescente di buona famiglia che non sa se andare al college o no? Faenza – ma forse la colpa è da attribuire a Cameron? – infila un personaggio fastidioso dietro l'altro, e finisce per “normalizzare” il tutto nell'ultimo quarto d'ora, quando come da programma tutti i nodi vengono al pettine nel miglior modo possibile, a tarallucci e vino. Alla fine, James sorride alla telecamera, tanto per sottolineare al pubblico che, sì, ora ha fiducia in se stesso e ha risolto tutto.
In tutto questo, la cosa migliore è come sempre Stephen Lang. L'attore di “Avatar” e “Terra Nova” appare per un massimo di cinque minuti, come se il suo fosse un cortometraggio incastrato nel film. Il suo ruolo è quello del nuovo marito della madre di James (Marcia Gay Harden), un giocatore compulsivo scaricato dopo quarantotto ore dalle nozze. Lang è anche l'unico a risultare umano in questa galleria di frigidi ricconi dalle vite perfette. Piange, si infuria, sta in piedi sotto la pioggia, chiede perdono per i suoi peccati. Se solo avesse avuto più spazio...
“Un giorno questo dolore ti sarà utile”, in uscita il 24 febbraio, è distribuito da 01. Per saperne di più, guardate il trailer.