E’ sempre difficile giudicare l’arte, e gli artisti. Eppure a più riprese in molti hanno voluto pronunciarsi in merito al dibattito sul più grande regista o il più grande film della storia… con un verdetto spesso unanime.
Orson Welles da Kenosha (sul lago Michigan, 30 km a nord di Chicago) resterà nella storia del cinema come uno dei registi più capaci di influenzare i suoi successori e “il solo con Griffith ad aver messo in moto questo meraviglioso trenino elettrico al quale Lumière non credeva”, come lo definì Jean-Luc Godard, prima di chiosare: “Tutti, sempre, gli dovremo tutto”.
Nato nel 1915 e morto nel 1985, divenne famoso per la celebre trasmissione radiofonica su La guerra dei mondi del 1938, bissato dal film Quarto Potere, nel 1941, per molti "il più bel film della Storia del cinema". Ma è impossibile non ricordare il suo Otello (1952), o L'infernale Quinlan (1958), Il processo (1962) e Il terzo uomo (1949), o la la Palma d'oro del 1952 e l'Oscar alla carriera nel 1971.
Una carriera unica, che ora si arricchisce di un nuovo tassello: le registrazioni di alcune inedite conversazioni private con l’amico Henry Jaglom a partire dal 1983. Dovevano essere la base di una autobiografia i cui lavori vennero interrotti con la morte del regista (ma dal 16 luglio saranno pubblicate in "My Lunches with Orson"), ma il loro ritrovamento nel garage di Jaglom oggi apre una finestra – che molti avrebbero preferito tenere sprangata – sulla Hollywood di allora.
Welles non si faceva certo scrupoli a giudicare i suoi colleghi e compagni, e senza mezzi termini.
Ce n’è per tutti: “l’arrogante” Charlie Chaplin, la “senza speranza” Jennifer Jones, lo “stupido” Laurence Olivier, “L’odioso” Spencer Tracy… e non solo!
“Non ho mai capito il culto per Hitchcock”, raccontava, “Soprattutto per gli ultimi film americani, pigri e egocentrici”. Come La finestra sul cortile, che definiva “uno dei peggiori film mai visti” e “completamente indifferente a tutto quel che una storia sul voyeurismo dovrebbe essere”.
Ma anche James Stewart era “un pessimo attore”, come Joan Fontaine, capace di sole “due espressioni” o la (per lui) inguardabile Bette Davis che “non voglio veder recitare".
Ma se il sommo Orson si rivela anche irridente quando racconta l’aneddoto accaduto con Richard Burton – che al ristorante gli chiese di potergli presentare Liz Taylor, desiderosa di conoscerlo, e al quale risposte “no, come vedi sto mangiando” – non è avaro di complimenti per pochi, rari, fortunati o meritevoli…
Dal “brillante” Joseph Cotton a John Wayne (“uno degli attori più bene educati che ho incontrato ad Hollywood”, fino alla “amica” Marilyn Monroe della quale racconta di aver cercato di promuovere la carriera portandola con sé alle feste prima che divenisse famosa.
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Orson Welles contro tutti
Laurence Olivier, Spencer Tracy, James Stewart, Alfred Hitchcock, Charlie Chaplin… non si salva nessuno dagli ultimi taglienti giudizi del regista.
01.07.2013 - Autore: Mattia Pasquini