Trentasette anni fa usciva nelle sale americane Lo squalo, capolavoro del primo Steven Spielberg e ancora oggi ritenuto una delle pietre miliari del cinema di paura. Uno dei più grandi successi di tutti i tempi – è settimo negli incassi domestici americani aggiustati secondo l'inflazione – è stato anche il primo vero blockbuster moderno, perché il primo grande film estivo a essere distribuito in contemporanea su tutto il territorio statunitense, inaugurando una strategia che oggi sembra normalissima, ma allora non lo era.
Di questo e di molto altro – le impressioni sul giovane Spielberg e la sfida nel realizzare il film – abbiamo parlato con lo sceneggiatore Carl Gottlieb, che abbiamo intervistato in occasione della prossima uscita in Blu-Ray del film (nei negozi dal 22 agosto).
Dopo quasi quarant'anni, qual è la maggiore eredità de Lo squalo e come ha cambiato secondo te il cinema americano?
A quel tempo, mentre facevamo Lo Squalo, ognuno cercava semplicemente di fare il meglio che poteva, non avremmo mai pensato che sarebbe diventato il fenomeno sociale che poi è stato, nessuno può spiegarlo, ma per qualche motivo il film ha toccato un punto sensibile nel pubblico. Il film diventò un successo solo dopo la terza – quarta settimana, l’uscita de Lo Squalo fu un po’ una scommessa perché uscì in 400-500 copie, cosa quasi senza precedenti, fatta da pochissimi film prima di quel momento; e poi fu rilasciato durante l’estate, cosa anche questa inusuale, la bella stagione non era il classico periodo in cui lanciare grandi film nelle sale, la gente preferisce andare al mare. Fu una scelta di marketing degli Studios quella di fare un’uscita del genere e dopo 3-4 settimane, quando ci aspettavamo che la gente smettesse di andare al cinema, in realtà continuò ad andare a vedere il film: ci furono persone che tornarono al cinema 2,3,5 volte, ancora ed ancora ed anche questo era senza precedenti. Ben presto quello divenne un modello di distribuzione per molte Major e cambiò per sempre la situazione, in positivo ed in negativo, positivo per gli Studios ma non altrettanto per il pubblico, dato come vanno le cose al momento.
La sceneggiatura è accreditata a te e Peter Benchley, autore del romanzo, ma pare che buona parte dello script finale sia opera tua. E che Spielberg ti volesse sul set per riscrivere il film in sua presenza...
In effetti, Spielberg mi contattò innanzitutto per una parte nel cast, per interpretare il giornalista Meadows. Poi decidemmo insieme di rimettere un po’ mano alla sceneggiatura, in realtà dovevamo solo rifinire i dialoghi ma poi, per rendere i personaggi più credibili ed umani, rivedemmo tutta la struttura del copione. E dato che mancavano solo pochissime settimane all’inizio delle riprese, praticamente scrivevamo il film mentre lo stavamo già girando! Certo non era il modo migliore per girare un film, ma non avevamo altra scelta. Lo stesso John Williams, che ha lasciato un segno indelebile al film con la sua colonna sonora, fu contattato dopo a riprese terminate.
Steven Spielberg era all'epoca un esordiente, non certo il gigante del cinema che è oggi. Qual è stata la tua prima impressione quando lo hai incontrato la prima volta? Hai pensato, “questo farà strada” o “ecco un altro giovinastro schiacciato da un progetto troppo grande per lui”?
Noi eravamo già amici, uscivamo insieme, avevo lavorato come attore in alcuni suoi film TV. Subito dopo Lo Squalo, Steven stava già lavorando al suo film successivo, Incontri ravvicinati del terzo tipo, ed era ovvio per chiunque lo conoscesse che aveva questa incredibile capacità di prevedere quale sarebbe stata la reazione del pubblico semplicemente dando una letta ad una sceneggiatura, cosa sarebbe piaciuto e cosa no. È come vedere un geniale architetto che costruisce una cattedrale: ha tutto già in mente, all’inizio ci sono solo alcune pietre, come per tutti i progetti, ma alla fine lui costruirebbe un Duomo che dura in eterno e chiunque altro farebbe un edificio da buttare giú e ricostruire nel giro di dieci anni.
Si sa che ci sono parecchie differenze tra il romanzo e il film. Che cosa ne pensi del libro di Benchley e perché tu e Spielberg avete deciso di modificarne la storia?
Ho scritto anche un libro su questo tema, The Jaws Log, uno dei libri sulla produzione di un film più letto di sempre. Il romanzo a cui ci ispiravamo aveva avuto un successo enorme nell’estate del ’74, nelle settimane in cui stavamo girando il film il libro stava spopolando nelle librerie perché era una di quelle che chiameremmo letture estive, uno di quei romanzi che porti con te in spiaggia. Ma per fare un film devi ridurre il campo e concentrarti sui personaggi principali, raccontare tutta la storia senza lasciarti prendere troppo dalle vicende parallele. Quindi per quanto riguarda ad esempio la storia d’amore tra l’oceanografo e la moglie del poliziotto, dato che stavamo scrivendo il film a riprese già iniziate avevamo avuto modo di vedere i personaggi sullo schermo ed abbiamo pensato: “Il pubblico non crederà mai ad una storia d’amore tra questi due”. Non sarebbe stato in linea con i personaggi ed i dialoghi che avevo scritto. Non ne avevamo bisogno, bastavano gli abitanti dell’isola, i tre personaggi principali messi insieme su quella barca, così diversi, e poi ovviamente c’era lui, l’attore più importante: lo squalo! Ci siamo concentrati su quell’elemento ed abbiamo prodotto un film che è sopravvissuto fino ai giorni nostri.
Lo squalo sarà distribuito per la prima volta in Blu-Ray il 22 agosto, rimasterizzato in digitale e completamente restaurato in occasione del centenario Universal Pictures. La nuova edizione conterrà sia il doppiaggio dell'edizione 30° Anniversario in 5.1 sia quello storico in 2.0. Saranno presenti inoltre più di quattro ore di contenuti speciali, tra cui i documentari inediti The Shark is Still Working e Jaws: The Restoration.
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L'intervista: Lo squalo torna in Blu-Ray
Abbiamo fatto quattro chiacchiere con Carl Gottlieb, sceneggiatore del cult di Spielberg
07.07.2012 - Autore: Marco Triolo