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La Masseria delle Allodole

Evocativo e sincero, questu'ltimo lungometraggio dei fratelli Taviani, presentato al recente Festival di Berlino, è senza dubbio il migliore da anni a questa parte

La masseria delle allodole

12.04.2007 - Autore: Adriano Ercolani
Siamo all'inizio della Prima Guerra Mondiale, nel 1915. La Turchia è scossa dal conflitto, e molti militari stanno preparando un'azione di pulizia etnica nei confronti delle minoranze armene presenti nel paese. La famiglia Avakian sta celebrando il funerale del suo patriarca, ed allo stesso tempo tenta di non lasciarsi abbattere dalle voci insistenti di una deportazione. La giovane rampolla Nunik ha in particolare un motivo più che valido per non lasciare il suo paese: è infatti innamorata con l'ufficiale turco Egon (Alessandro Preziosi), che le ha promesso di portarla in salvo oltre il confine, dove potranno finalmente vivere in pace la loro storia d’amore. Purtroppo le cose non andranno in questo modo, e la ragazza si troverà a dover affrontare l’orrore del genocidio armeno, lo sterminio della sua famiglia e la deportazione delle poche donne superstiti.

Partiamo immediatamente da un giudizio complessivo sul nuovo film dei fratelli Taviani: dopo le voci che ne decretavano una parziale stroncatura all’ultimo festival di Berlino abbiamo trovato il lungometraggio decisamente migliore di quanto all’inizio ce lo aspettavamo. Seppur sofferente di una certa prolissità letteraria in alcuni momenti – difetto un po’ comune a tutta l’opera dei fratelli registi, che negli ultimi anni si è senza dubbio accentuato minandone alla base i lavori – “La masseria delle allodole” possiede momenti di cinema assolutamente intensi, che per sincerità evocativa ci riportano alle opere migliori dei Taviani, dal capolavoro “La notte di San Lorenzo” (id., 1982) a “San Michele aveva un gallo” (id., 1970). Almeno un paio di scene posseggono il respiro e la dolorosa vena di un tempo, testimonianza di un cinema passato fatto non solo di impegno storico e quindi politico, ma soprattutto di attenzione al singolo personaggio, ed la suo rappresentare per intero il momento che sta vivendo.

Purtroppo la totale riuscita del film è minata da almeno un paio di evidenti difetti: il primo è quello di un cast troppo eterogeneo per risultare credibile; Paz Vega ed Alessandro Preziosi sono completamente fuori ruolo, e lo stesso si può dire per molti degli attori che recitano in ruoli comprimari. Alla fine va elogiata la sola interpretazione di Mariano Rigillo, grande caratterista teatrale troppo poco sfruttato dal grande schermo. Il secondo difetto de “La masseria delle allodole” è una ricostruzione ambientale che soffre evidentemente della pochezza dei mezzi di produzione, risultando alla fine artefatta in troppi punti del film.

Evocativo e sincero, anche se non del tutto riuscito, quest’ultimo lungometraggio dei fratelli Taviani è senza dubbio il migliore da anni a questa parte e testimonia fortunatamente la volontà dei due cineasti di continuare con passione il loro discorso poetico, che anche se sicuramente attempato rimane ancora pienamente interessante.
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