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Inkheart - La nostra recensione

Diretto dall'inglese Iain Softley, arriva sul grande schermo un film di semplice ma efficace intrattenimento per tutta la famiglia.

Inkheart - cuore d'inchiostro

18.02.2009 - Autore: Adriano Ercolani
Mo Folchart (Brendan Fraser) ha un dono straordinario ed insieme inquietante: quando legge un libro a voce alta, riesce a dar vita alle cose contenute nel testo, siano esse oggetti o esseri umani. Purtroppo però allo stesso tempo imprigiona nelle pagine del libro le persone che gli sono accanto.
Una sera, mentre sta leggendo alla sua bambina di quattro anni un libro intitolato “Inkhart” libera dalle pagine il pericoloso criminale Capricorno (Andy Serkis) ed il mangiafuoco Dita di polvere (Paul Bettany), ed imprigiona sua moglie Resa (Sienna Guillory) nel testo.

Nove anni dopo, Mo è ancora alla ricerca di una soluzione al problema: deve trovare a tutti i costi un’altra copia di “Inkheart” per riparare al danno fatto. Aiutato da sua figlia Meggie (Eliza Bennett), da Dita di Polvere e da tuta una serie di personaggi improbabili, usciti dalle pagine dei più famosi testi letterari, l’uomo proverà a contrastare il potere di Capricorno, che la esteso i suoi artigli su un piccolo paesino, e lo controlla come un tiranno.

Tratto dall’omonimo romanzo di Cornelia Funke, pubblicato nel 2003  e diventato subito un piccolo grande caso di best-seller internazionale, “Inkheart – La leggenda di Cuore d’Inchiostro” è l’ultimo di una serie di fantasy destinati ad un pubblico giovane.
Diretto con discreta agilità dall’inglese Iain Softley – già in passato autore di un bell’adattamento da Henry James nel 1997 con “Le ali dell’amore” (The Wings of the Dove, 1997) -, il film si presenta come un lavoro svolto con discreta professionalità, che scorre leggero in virtù di un ritmo della narrazione veloce e spigliato. Il regista dirige il tutto senza eccessivi virtuosismi, ma conferendo alla confezione un’impronta visiva tutto sommato più che accettabile, considerato che si tratta di una produzione non certo fantasmagorica come “Il signore degli anelli” (The Lord of the Rings, 2001). Merito della riuscita visiva di “Inkheart” sono anche le ambientazioni montane, suggestive e perfettamente funzionali alla storia.

Quando poi si ha un cast d’attori “all British” che copre i rispettivi ruoli di supporto, è certo un bel vantaggio. Caratteristi di valore assoluto come Helen Mirren e Jim Broadbent recitano come al solito con grande competenza, e Paul Bettany in un ruolo per lui insolito fornisce una prova che è senza dubbio quella che rimane maggiormente nella memoria dello spettatore. La scelta del protagonista, Brendan Fraser, è forse l’anello più debole di tutto il cast, ma alla fine anche lui sopperisce con la propria fisicità alla mancanza di una gamma attoriale variegata.

Divertente, ben ritmato, forse un po’ confuso nel finale, “Inkheart” si presenta al pubblico come un prodotto di discreta fattura, non certo paragonabile alle produzioni più costose ma neppure avvicinabile ad esempio ad un film pessimo come “Eragon” (id., 2006). Uno spettacolo che alla fine si rivela semplice ma efficace intrattenimento per famiglie.

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