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Il pianista
A sessant'anni Roman Polanski affronta il suo incubo, rileggendo la biografia del pianista polacco Wladyslaw Szpilman.

12.04.2007 - Autore: Terry Marocco
A sessantanni Roman Polanski affronta il suo incubo, rileggendo la biografia del pianista polacco Wladyslaw Szpilman, e attraverso il candore e limpermeabilità di un artista, racconta anche cosa deve aver provato da bambino. Non è difficile immaginare il piccolo Polanski nel ghetto di Cracovia, dove fu davvero durante loccupazione nazista.
Il suo è lo sguardo incredulo di chi non può capire cosa sta accadendo: il male puro che si manifesta. Questa è la grande differenza con «Schindlers List», lo sguardo: non cè Hollywood, con le sue emozioni forti, ma il racconto asettico di un Europa in macerie dove un pianista ebreo vaga, osservando un mondo che crolla, senza mai voler o poter intervenire, sapendo che tutto ciò dovrà avere una fine, che tutto dovrà tornare come prima.
Szpilman (un grande Adrien Brody), pianista geniale, sta suonando un notturno di Chopin alla radio polacca quando Varsavia viene bombardata. E il 1939, e la capitale è uno dei primi bersagli di Hitler. Il musicista ebreo e la sua famiglia vivono tutte le umiliazioni e le progressive restrizioni imposte dal nazismo. Il 16 ottobre del 1940 viene istituito il ghetto, case fatiscenti isolate da un muro dalla zona ariana, dove abitano circa mezzo milione di persone. Polanski descrive la vita in questo grande lager al centro della città con estrema precisione ed è sicuramente la parte più bella e dura del film, dove più evidenti sono i suoi ricordi di bambino. Cominciano le deportazioni e Wladyslaw viene salvato per caso, perché è un pianista.
Da quel momento la sua vita è una fuga solitaria costellata di avvenimenti terribili che affronta con apatico desiderio di sopravvivere. Non si unisce alla Resistenza che si forma nel ghetto, ma preferisce, con laiuto di amici polacchi, rifugiarsi in appartamenti vuoti da cui osservare il dramma
dellunica rivolta che la persecuzione abbia conosciuto: resteranno meno di venti ebrei in tutta la città. In una Varsavia devastata dai bombardamenti, quasi in un sogno, il protagonista alla fine incontra il suo nemico, un tedesco che gli chiede di suonare. La guerra sta finendo, i sovietici sono oltre il fiume e Polanski, sulle note di Chopin, recupera lumanità anche in quel popolo che lha perduta. Lebreo sopravviverà grazie al nazista ma non riuscirà a salvarlo quando le parti si saranno invertite. E ancora il caso a decidere. «Solo Dio ci può salvare, o almeno dobbiamo crederlo». Polanski lo fa dire al nazista.