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Cosa c’è di più camaleontico di un attore? Un camaleonte che vuole fare l’attore! Questo giovane rettile, che non ha mai avuto la necessità di mimetizzarsi per nascondersi dai predatori, vive in cattività in un terrario, si sente terribilmente solo e si chiede chi è veramente.
Non è difficile comprenderlo, visto che i suoi padroni non gli hanno dato nemmeno un nome. Un bel giorno però, il nostro piccolo amico si trova catapultato in una realtà diversa, in mezzo al deserto del Nevada, tutto solo e senza un’identità. La fame, ma soprattutto la sete, si fanno sentire, uccelli rapaci volano sulla sua testa e... per la prima volta nella sua vita incontra una lucertola femmina, la giovane, bella e stramba Borlotta. Seguendola arriva nella cittadina di Dirt, un vero e proprio villaggio del vecchio west. E nel saloon, per farsi bello, si inventa un nome e un’identità eroica: è Rango, l’unica speranza che ha il villaggio di avere un po’ d’acqua per non morire.
Nato dalla testa di Gore Verbinski, autore della trilogia Pirati dei Caraibi, Rango (distribuito dalla Universal Pictures) è un originale western animato, non adatto a un pubblico di bambini piccoli. Mostruosi serpenti, trame diaboliche, logiche tiranniche fanno scorrere una sceneggiatura divertentissima, ma che fa anche pensare. Le citazioni si inanellano una dopo l’altra: dagli spaghetti western ai film con John Wayne, dallo steampunk alle saghe fantasy, per un piacere da cinefili. E Johnny Depp, doppiatore nella versione originale, cita se stesso ai tempi di Paura e delirio a Las Vegas. La parabola ecologica di fondo si mescola con l’esistenzialismo: “Chi sono io?”, si chiede Rango. Ha imbrogliato chi credeva in lui, ha mentito. Ma per essere un eroe, a volte, basta scegliere di diventarlo.


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Il mio nome è Rango
Dal regista dei Pirati dei Caraibi, un western animato, divertente e con più messaggi di fondo

09.03.2011 - Autore: Federica Aliano