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Culto Tarantino
Svezzato da una media di nove film al giorno in un videoshop di Manhattan Beach, il genio di Quentin Tarantino ha resuscitato il genere di serie b per farne il culto di una generazione.

12.04.2007 - Autore: Giulia Villoresi
Torna a Cannes Quentin Tarantino, festeggia il decennale del suo esordio alla kermesse francese ricordandosi di quando, semisconosciuto, vinceva nel 1994 la Palma d’Oro con ”Pulp Fiction”, collocandosi tra gli astri del cinema contemporaneo. Tutta un’altra storia adesso, adesso che siede dietro la cattedra della giuria, anzi, la presiede con orgoglio.
Eppure se diamo uno sguardo ai suoi colleghi giudici - spettabili cineasti e illustri intenditori - ci accorgiamo che qualcosa li separa inevitabilmente: il metodo di studio.
A differenza dei molti, Tarantino non ha frequentato scuole di regia e cinematografia. Il suo addestramento si è compiuto dietro il bancone di un negozio di videocassette Video Archives di Manhattan Beach, in California. Vi entrava a sedici anni e ne usciva a circa venticinque, dopo aver dedicato ogni istante del suo tempo al cinema. Pare che in quegli anni il giovane cinefilo abbia visto circa nove film al giorno.
Ecco la sua scuola. I suoi gusti, dunque oggi i suoi maestri, erano i registi giapponesi degli anni ’70, Toshiya Fujita, ma anche Ringo Lam, Sam Peckinpah; o i grandi maestri del cinema italiano di serie b, quello a cavallo tra gli anni ’60 e ’70, a cui facevano capo Mario Bava, Riccardo Freda, Alberto De Martino, Sergio Corbucci. Ma anche una grande amore per Sergio Leone, che ”seppe unire all’arte l’entertainment”, per il grande Jean-Luc Godard e per il più attuale Brian de Palma. Dunque l’imprinting di questo formidabile regista, così violento ma anche così raffinato, è stato il cinema di Honk-Kong, il poliziesco all’italiana e la blaxploitation.
Nel 1987 Quentin completa la stesura del suo primo script, ”True Romance”, ma nessuno vuole finanziarne la realizzazione, così che lui si troverà costretto a venderne la sceneggiatura. Sarà Tony Scott (Una vita al massimo) a farne un film nel ’94. Anche la seconda sceneggiatura, ”Natural Born Killers”, subisce la stessa sorte. Verrà venduta a Brian De Palma. Di quest’ultima gli verrà accreditato soltanto il soggetto in seguito ad alcune modifiche apportate da Stone, secondo Tarantino poco fedeli alla stesura originale.
Finalmente nel 1992, grazie ai soldi guadagnati e grazie all’aiuto di Harvey Keitel che intercede con la Live Entertainment, Tarantino realizza il suo primo film: ”Le Iene”. Il lavoro viene accolto con entusiasmo e presentato al Sundance Festival, Tarantino è già un regista di culto.
Se è vero che il secondo film è la prova più difficile, quella che confermerà o smentirà le speranze seminate dal primo, il regista sarà in grado nel 1994 addirittura di superare ogni aspettativa.
”Pulp Fiction” vince la Palma d’Oro al Festival di Cannes, viene candidato a ben sette premi Oscar, e sebbene ottenga solo quello per la miglior sceneggiatura, viene acclamato come miglior film dell’anno. Il vocabolario e il genere penetrano talmente a fondo nella generazione da condizionarne il modo di esprimersi e gli stessi gusti.
Dalla metà degli anni ’90 Tarantino lavora alacremente sia sul grande che sul piccolo schermo. Nel 1995 dirige un episodio di ”E.R. Medici in prima linea” e nel ’96 gira un segmento di ”Four Rooms”, pellicola realizzata da diversi registi con quattro sipari differenti. Nel 1997 scrive e interpreta per Robert Rodriguez ”Dal tramonto all’alba” mentre l’anno successivo dirige il suo terzo film, ”Jackie Brown”, interpretato da Pam Grier, Robert De Niro e Bridget Fonda.
Quentin Tarantino è stato legato per diversi anni all’attrice Mira Sorvino, ma la sua vera musa, la donna di cui il regista sembra non poter fare a meno è Uma Thurman, lanciata da ”Pulp Fiction” e mai più abbandonata, fino a diventare la protagonista (e la co-ideatrice) dei due volumi di ”Kill Bill”. Ma non è tutto. Pare che il regista le sia così legato da non poter fare a meno di chiamarla e consultarla oltre le dieci volte al giorno.
Quentin, il cui nome discende nientemeno che da un telefilm (era il personaggio interpretato da Burt Reynolds nella serie ”Gunsmoke”), ha fatto del cinema di serie b, per altri addirittura di serie z, una forma d’arte e un cult. Ha mostrato fino a che punto una ”finzione pulp”, attraverso dialoghi e avvenimenti di nessun conto, gesti quotidiani, possano tenere tutti col fiato sospeso. Ha saputo svelare il mito che si cela dietro lo splatter, ma anche dietro una banale discussione sul royale con formage.
Per questo molti lo acclamano il padre di un genere, e molti altri si professano suoi discepoli.
Per la gioia dei suoi fan, di cui alcuni lo idolatrano quasi come una rock-star, si annuncia in cantiere un nuovo film. Sarebbe il remake a basso costo di ”Casinò Royale”, film del ’67 girato da Val Guest sull’ormai celeberrimo Agente 007. Il regista porta avanti le trattative con i produttori Barbara Broccoli e Michael Wilson, e annuncia, nel caso che il film sia realizzato, ”un lavoro un po’ fuori dal genere e con un budget molto più basso del solito”.