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Andre' Bazin, uno dei padri dei 'Cahiers'

Andre' Bazin, uno dei padri dei 'Cahiers'

Cahiers

07.06.2001 - Autore: Luca Perotti
Fondatore insieme a Jacques Doniol-Valcroze dei \"Cahiers Du Cinéma\" nel 1951, Bazin costituisce una delle figure principali della riflessione teorica sullessenza della settima arte condotta nel secondo dopoguerra. Il cinema, secondo il teorico francese, partecipa al reale grazie ad un bisogno psicologico che aveva già portato gli antichi ad imbalsamare le apparenze degli esseri umani mediante il ricorso alla scultura e alla pittura, con lobiettivo di non arrendersi allineluttabile scorrere del tempo e allincombenza della morte. Ricorrendo alla psicanalisi, infatti, alle origini della nascita delle arti plastiche ci sarebbe il complesso della mummia, che spingerebbe gli uomini a conservare le fattezze di ciò che è destinato a scomparire. A questo riguardo, la scoperta della fotografia e del suo prolungamento, ovvero il cinema, contribuiscono a ravvivare lillusione di sconfiggere la morte grazie ad una riproduzione meccanica oggettiva che, pur raffigurando il soggetto come altro da sè, offre una registrazione integrale e prossima della realtà fenomenica. Da qui la sua convinzione che il realismo sia il principio di fondo a cui il cinema deve obbedire, conscio della sua inimitabile potenzialità che si esplicita nella pregnanza di quanto appare sullo schermo. Il destino del cinema è quello di sciogliersi nel mondo in una stretta connessione tra realtà e immagine. Non può quindi sorprendere che Bazin diventasse il mentore di quel gruppo di artisti decisi a segnare una frattura e proporre finalmente dei nuovi canoni interpretativi per una modifica radicale delle prassi condivise fino ad allora. Allinterno del nucleo di indagine di Bazin vanno ricercati i veri e propri capisaldi della teoria cinematografica come lelogio del piano-sequenza in cui il tempo della narrazione coincide con quello della realtà; emblematica scelta estetica che asseconda al meglio la vocazione a perseguire la comunione con la realtà stessa. Al contrario sono da considerare tabù quelle scelte che reprimono le peculiarità dellarte filmica, tanto che Bazin formula la definizione di montaggio proibito per tutti quei casi in cui il trucco ottico falsificherebbe lobiettività ottenuta dalla macchina da presa. Separare la belva minacciosa dalluomo minacciato ricorrendo agli stacchi di montaggio vuol dire minare alla base la credibilità intrinseca del cinema. Ma vietata secondo Bazin è anche la rappresentazione di una situazione talmente esclusiva ed intima da non poter essere registrata. E il caso dellamore che si vive e non si rappresenta e della morte, la cui riproduzione costituisce unimperdonabile offesa di natura metafisica. Ma quando un operatore affronta il rischio tangibile della propria vita per catturare una realtà estrema, come nei documentari di guerra in cui locchio della cinepresa si mischia ai mirini dei fucili, il cinema, secondo Bazin, raggiunge uno dei suoi vertici più alti e sublimi. Limmagine conta prima di tutto non per ciò che essa aggiunge alla realtà ma per ciò che ne rivela. Questo il concetto basilare espresso da Bazin allinterno dei suoi interventi sui Cahiers du Cinéma e nelle pagine della sua opera più famosa: Che cosè il cinema.  
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