
Gli “sbirri cattivi” impersonati da Favino, Giallini, Nigro, Sartoretti e dal bravo (quasi)debuttante Diele sono l’ultimo baluardo tra l’equilibrio e il caos. Hanno però un difetto: sono tutti umani e, nel momento in cui vengono piazzati nel bel mezzo della guerra, sono pronti a diventare dei veri Terminator. Una volta sfoderato il manganello non si torna più indietro. Le ossa vengono spezzate, i denti frantumati e frenarsi è impossibile. Il poliziottesco anni Settanta torna a farsi strada sul grande schermo in maniera intelligente, assumendo anche le caratteristiche di un potente film sociale nel momento in cui sceglie di investire, seppur di striscio, eventi reali mettendoli al servizio della trama. Ma “ACAB” è soprattutto un ottimo film italiano.
Più nero che mai nei temi e nelle soluzioni visive, il film di Sollima presenta un paio di sequenze che lasciano a bocca aperta: l’inizio con Favino pronto a scatenare la bestia dentro di sé e la battaglia allo stadio con poliziotti in formazione da legionari e seguenti coltellate. Potrebbe benissimo essere la risposta al francese “L’odio”, ma qui la prospettiva è quella giustificata dalla parola “legge”.

Interpretato da protagonisti che danno il meglio di sé, “ACAB” strizza l’occhio ai film americani, appropriandosi di un impianto narrativo vincente: la Roma mostrata nel film non è meno ostile della Los Angeles di Michael Mann.
I tempi degli eroi in divisa come “Il maresciallo Rocca” sono finiti e con loro ogni forzatura narrativa e ogni battuta di troppo. Trovano invece spazio one-liners a effetto o frasi che fanno riflettere come quella pronunciata da Giallini: “Stanotte pagheremo una volta e per tutte il conto della Diaz”.
“ACAB”, in uscita il 27 gennaio, è distribuito da 01.
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