
Classe 1926, Corman inizia a dirigere negli anni ’50, ma è nel 1960 che comincia il periodo più florido della sua lunghissima carriera, quando firma “I vivi e i morti”, primo di una serie di adattamenti da Edgar Allan Poe che sono oggi ritenuti i migliori mai realizzati, e che il regista sfornava in tempi rapidissimi (dai 2/3 giorni a una settimana di riprese) e spesso riutilizzando con grande maestria set precedenti. Con “I vivi e i morti” inizia anche una prolifica collaborazione con Vincent Price, che sarà protagonista di tutti gli altri adattamenti di Poe ( tra cui “Il pozzo e il pendolo”, “I racconti del terrore”, “La maschera della morte rossa” e “La tomba di Ligeia”), tranne che dello splendido “Sepolto vivo”.
Quasi tutti i film citati furono tra l’altro scritti da Richard “Io sono leggenda” Matheson.

Tra gli altri capolavori “fast and cheap” di Corman, ricordiamo anche “La piccola bottega degli orrori”, da cui fu tratto anche un musical che poi venne adattato nuovamente in film, “L’odio esplode a Dallas” con un giovanissimo William Shatner, e “Il massacro del giorno di San Valentino”, cronaca di uno dei più efferati delitti della Grande Depressione, ordinato da Al Capone (un intenso Jason Robards) per sbarazzarsi di un rivale.

Corman inoltre ha il merito di aver svezzato innumerevoli star e registi di Hollywood, che impararono il mestiere proprio lavorando alle sue produzioni: stiamo parlando di Jack Nicholson, Peter Fonda, Dennis Hopper, Robert De Niro, David Carradine, e dei registi Francis Ford Coppola, Martin Scorsese, Ron Howard, Peter Bogdanovich, Jonathan Demme, Joe Dante e James Cameron, tra i tanti. Un insegnamento, quello di Corman, che permise a queste giovani promesse di realizzare grandi film in assoluta ristrettezza economica.

Con gli anni, la produzione di Roger Corman si è assestata su livelli molto bassi, a causa dell’avvento dell’home video e di un generale cambio di marcia dell’industria e del panorama sociale americano. Morti i drive-in e le grindhouse, al cinema di serie B non resta oggi molto spazio, al di fuori di quei film di medie dimensioni, ma dal budget comunque notevole, che vengono definiti “b-movies” più per il linguaggio e gli stereotipi che evocano, che non per le effettive condizioni di realizzazione. Poco importa: con oltre 50 anni di carriera e un tale curriculum, Corman si è più che guadagnato quella statuetta dorata che presto farà bella mostra di sé sul suo caminetto.