

The Eagle

Nel 140 dC, vent'anni dopo l'inspiegabile scomparsa dell'intera Nona Legione nei monti della Scozia, il giovane centurione Marcus Aquila giunge da Roma per risolvere il mistero e risollevare la reputazione del padre, comandante della Legione. Accompagnato solo dallo schiavo britannico Esca, Marcus varca il Vallo di Adriano e si reca in Caledonia per confrontarsi con le trib? selvagge del luogo..

Kevin Macdonald è uno dei migliori documentaristi del mondo,
ma non disdegna da alcuni anni anche apparizioni nel cinema di finzione
mainstream, con risultati non da disprezzare, ma piuttosto discontinui.
“L'ultimo Re di Scozia” e “State of Play”
erano senz'altro due buoni film, un biopic e un remake con un'impronta
personale, ma non privi di difetti, dovuti proprio a una sensibilità
narrativa diversa, più abituata a esplorare la realtà che a ricrearla. “The Eagle”,
quindi, era una sfida interessante, un peplum, quindi con una ricerca
storica alle spalle di grande spessore, ma soprattutto un film per il
grande pubblico, con star come Channing Tatum, Jamie Bell, Mark Strong e Donald Sutherland, e un budget non indifferente. Una sfida vinta a metà.
“The Eagle” racconta la ricerca da parte di un giovane
centurione dell'Impero Romano del vessillo della legione, l'aquila del
titolo appunto, perduto dal padre durante una battaglia con i barbari
abitanti oltre il vallo di Adriano, l'attuale Scozia. Una classica quest, quindi, che viene narrata attraverso un'interessante commistione di generi, dal western al fantasy, ponendo in secondo piano il classico cinema dei “sandaloni” per concentrarsi più sull'azione e l'interazione tra i personaggi.
Ben diretto e con una buona costruzione narrativa, “The Eagle”
però ha gli stessi difetti delle precedenti opere del suo regista,
ovvero un distacco emotivo nei confronti dei suoi personaggi che si
trasmette inevitabilmente allo spettatore. Può non essere
necessariamente un male, ma la mancanza di pathos, per chi la
percepisce, finisce con l'appesantire un film altrimenti tutt'altro che
noioso e con interpretazioni di valore, tra cui sorprende proprio quella
del protagonista Tatum, un ragazzo che dalle pedane del male strip (uno
dei prossimi film di Steven Soderbergh è ispirato proprio alla sua incredibile vita) si sta ritagliando un posto importante nel cinema che conta.
Da elogiare comunque l'operazione, viste le difficoltà nell'affrontare un genere come il peplum che a meno di raccontare sanguinose e torbide storie di gladiatori,
intrighi e sangue non ha mai avuto negli ultimi anni grossa fortuna. Non
a caso, perché le arene sono il pane quotidiano dello spettatore
moderno, che siano grandi e stupidi fratelli o porte di fianco a porte.
La ricerca di se stessi è invece merce sottovalutata.