

ACAB - All Cops Are Bastards

Cobra (Piefrancesco Favino), Negro (Filippo Nigro) e Mazinga (Marco Giallini) sono tre "celerini bastardi". "Celerini", così si sentono, più che poliziotti. Sulla loro pelle hanno imparato ad essere bersaglio perché vivono immersi nella violenza. In una violenza che diventa lo specchio deformante di una società esasperata, di un mondo governato dall'odio che ha perso le regole e che loro vogliono far rispettare anche con l'uso spregiudicato della forza. Nel momento forse più delicato delle loro esistenze, quando la vita privata arriva alla resa dei conti, incontrano "il futuro" in una giovane recluta, Adriano (Domenico Diele), appena aggregata al loro reparto.

Finalmente si respira freschezza nei confini del nostro cinema. Una
freschezza che trasuda paradossalmente la sporcizia della città, una
carica di tensione onnipresente e l'odio pompato da un gruppo di
personaggi con cui non è facile fraternizzare emotivamente. Ma poco
importa, Stefano Sollima finalmente compie il suo passaggio ufficiale cinematografico dopo
averci regalato una delle migliori produzioni italiane di sempre con “Romanzo Criminale – La serie”.
Gli “sbirri cattivi” impersonati da Favino, Giallini, Nigro, Sartoretti e dal bravo (quasi)debuttante Diele sono
l'ultimo baluardo tra l'equilibrio e il caos. Hanno però un difetto:
sono tutti umani e, nel momento in cui vengono piazzati nel bel mezzo
della guerra, sono pronti a diventare dei veri Terminator. Una volta
sfoderato il manganello non si torna più indietro. Le ossa vengono
spezzate, i denti frantumati e frenarsi è impossibile. Il poliziottesco
anni Settanta torna a farsi strada sul grande schermo in maniera
intelligente, assumendo anche le caratteristiche di un potente film
sociale nel momento in cui sceglie di investire, seppur di striscio,
eventi reali mettendoli al servizio della trama. Ma “ACAB” è soprattutto un ottimo film italiano.
Più nero che mai nei temi e nelle soluzioni visive, il film di Sollima
presenta un paio di sequenze che lasciano a bocca aperta: l'inizio con
Favino pronto a scatenare la bestia dentro di sé e la battaglia allo
stadio con poliziotti in formazione da legionari e seguenti coltellate.
Potrebbe benissimo essere la risposta al francese “L'odio”, ma qui la prospettiva è quella giustificata dalla parola “legge”.
Interpretato da protagonisti che danno il meglio di sé, “ACAB” strizza l'occhio ai film americani, appropriandosi di un impianto narrativo vincente: la Roma mostrata nel film non è meno ostile della Los Angeles di Michael Mann.
I tempi degli eroi in divisa come “Il maresciallo Rocca” sono finiti e con loro ogni forzatura narrativa e ogni battuta di troppo. Trovano invece spazio one-liners a
effetto o frasi che fanno riflettere come quella pronunciata da
Giallini: “Stanotte pagheremo una volta e per tutte il conto della
Diaz”.
di Pierpaolo Festa