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Intervista a Carlo Verdone

Intervista a Carlo Verdone

verdone

19.04.2001 - Autore: Valentina Bisti
E un venerdì assolato e caldo. Il centro storico pullula di romani in cerca di un bar allaperto dove pranzare. I telefonini squillano in continuazione. Pronto, dove sei? Che fai, ci raggiungi? Eccoli, i personaggi che Verdone ha tante volte descritto nei suoi film. Ma cè anche un altro Verdone, più intimista, più legato alla sua personalità. Un regista e un attore dalla carriera variegata, formata da opere che ci hanno regalato grandi risate ma anche grandi emozioni. Tutte le locandine dei suoi film sono incorniciate in una parete del suo studio romano. Di fronte troneggia una splendida batteria. Non potevano mancare i premi, le targhe, i riconoscimenti. Tutto in questa stanza parla di Verdone.   Oggi sei un uomo e un regista completo. Nella tua carriera hai affrontato molti temi e rappresentato vari personaggi. Ora cosa pensi di fare?   C.V. \"Oggi mi trovo di fronte a un bivio. Ho compiuto 50 anni ed è un momento molto particolare per chi naviga da 22 anni nel mondo del cinema. Si tratta di chiudere una porta, aprirne un\'altra e intraprendere un cammino nuovo. Allora cosa si deve fare? O si guarda al passato ma si rischia di cadere nel patetismo anche se qualcosa si azzecca sempre oppure si va avanti e si cerca di costruire un bel film. Mettendoci entusiasmo e sincerità. Vorrei che non si dicesse più: \"Vado a vedere Verdone\" ma \"Vado a vedere un film con o di Verdone\".   Cosa hai in cantiere?   C.V. \"Mi prenderò molto tempo. Tant\'è che uscirò nell\'ottobre 2002 con un film che sarà molto corale, nel senso che ci saranno molti personaggi accanto a me. Ci sarà un gruppo di attori eterogenei, anche di età, ognuno con dei tic, delle caratteristiche diverse. Sarà un film più vicino a \"Compagni di scuola\" piuttosto che a \"Viaggi di nozze\". La mia esigenza, in questo momento, è quella di raccontare la verità senza maschere, senza personaggi, senza parrucche, senza tipologie. Questa è stata una decisione molto sofferta perché io, un film a personaggi, ce l\'ho già pronto e scritto. Ma, a un certo punto, ho avuto come una crisi e mi sono detto: \"E\' giusto in questo momento fare un film così?\". La risposta che mi sono dato è stata negativa. La mia esigenza oggi è quella di raccontare la realtà attraverso l\'ironia e la malinconia\".   Cosa farai in questi due anni?   C.V. \"Il soggetto è già chiaro nella mia testa. Ora lo sto scalettando. E\' un lavoro molto difficile, proprio perché il film sarà il lavoro più difficile della mia carriera\".   Sei preoccupato?   C.V. \"No, tutt\'altro. Anzi, sono gasato perché sono sfide importanti. Non si va avanti con progetti che uno crede siano sicuri. Oggi di sicuro non c\'è niente. Fortunatamente il pubblico è cambiato e la dimostrazione è il successo di film non comici come \"Le fate ignoranti\", l\'ultimo di Moretti e di Muccino. Sono opere che raccontano la verità non in chiave di battuta e questo, e te lo dice un comico, mi fa molto piacere. Perché vuol dire che si può azzardare, che si possono fare delle cose un po diverse. Con questo non voglio dire che cambierò completamente il mio modo di fare. Il tratto mio, personale, lo ritroverete sempre, il DNA è quello. Ma troverete anche altre cose\".   Cosa ci sarà di diverso?   C.V. \"Io vado di pari passo con la mia maschera che cambia, la faccia che avevo dieci anni fa, ora non ce l\'ho più. Cercherò da una parte di adeguarmi e dall\'altra di non perdere l\'ironia e l\'autoironia che ha sempre contraddistinto i miei film\".   Ti fa paura questo confronto con un pubblico sempre più esigente?   C.V. \"No. Anche se il pubblico non vuole più fregature. Ma, per restare a galla, bisogna rischiare un po, e mettere da parte gli incassi stratosferici di una volta. Il successo commerciale è un fuoco d\'artificio. Solo la qualità, unita al divertimento, può dare resistenza. Altrimenti si perde quota e si cade con lentezza.   Ma da Verdone, il pubblico, cosa si aspetta?   C.V. Non lo so. Ho soltanto dei dubbi. Non ho nessuna certezza. Io quello che posso dare al pubblico è solo un buon film.   Non cercherai di accontentare tutti?   C.V. Il mio pubblico è diviso a metà. Cè chi ama i miei personaggi e chi preferisce le commedie più classiche. In questo momento io ho bisogno di fare un film molto articolato, dal punto di vista del soggetto e della storia. Non ho voglia di voltarmi e guardare indietro.   C\'è un motivo particolare per il quale senti il bisogno di cambiare?   C.V. \"Credo che ci siano stati dei fenomeni che sono stati troppo sottolineati: il coattismo per esempio. Quello che volevo comunicare era uno sguardo su un costume, un linguaggio su una periferia romana che andava cambiando, che si stava imponendo attraverso il rap. Per me era semplicemente un\'osservazione. Invece ne è stato fatto un abuso. Io non voglio assolutamente rientrare, pur essendo stato il primo osservatore di una certa coattitudine degli anni ottanta e novanta, in questa speculazione esagerata\".   Qual è stata la tua reazione a questo marchio che ti hanno imposto?   C.V. \"La prima è stata quella di fuggire, inventandomi dei prodotti completamente diversi. Per fortuna ho fatto vari prodotti, dove la romanità spinta non esiste. \"Maledetto il giorno che t\'ho incontrato\" è stato girato in Inghilterra, \"Perdiamoci di vista\" tra Praga e Roma, \"Iris Blond\" in giro per il Belgio. Ecco, questi film sono il risultato di un desiderio di togliermi da dosso alcunee incursioni che ogni tanto faccio nel mondo romano. Ma visto che c\'è stato un abuso voglio un po prendere le distanze\".   Ti riferisci soprattutto a \"Gallo cedrone\"?   C.V. \"Si, opere come quelle non ne vedremo mai più. E\' stato un film di transizione. Però attenzione: \"Gallo Cedrone\", lo sosterrò sempre. E\' un film che ho scritto con molta onestà, senza pensare al botteghino. Ha diviso moltissimo il pubblico. C\'è chi l\'ha detestato e chi si è divertito. Sono sicuro che tra un po\' d\'anni sarà un documento ineccepibile di un tragico quarantenne di fine \'900. Perché il film è un film metaforico. Il personaggio riassume tutta una serie di vizi di un quarantenne che di certo non è quello splendido di Moretti. Se prendiamo il mio film come un fritto misto di battute, rimangono quelle e basta. Invece si dovrebbe pensare più in profondità e riflettere sul finale: ci troviamo di fronte ad un cialtrone che termina la sua parabola su un palco elettorale e fonda un partito, cosa possibilissima in questo paese. Allora comincerà a trovare delle metafore e i conti tornano. Il mio intento era quello di condensare vizi e difetti di una persona che ha superato i 40 anni e che continua a non crescere. E, credimi, ce ne sono tante.   Hai un ricordo particolare legato alla lavorazione di un tuo film?   C.V. Quando Sergio Leone era produttore dei miei due primi film (Un sacco bello e Bianco, rosso e verdone), mi menava. Quando andava a seguire la moviola si rendeva conto che io avevo montato in maniera diversa di come voleva lui. La notte andavo a cambiare delle scene perché ero convinto di quello che facevo e lui, quando la mattina presto andava a controllare, si accorgeva dei cambi e giù, calci nel sedere, sberle davanti a tutti. In realtà mi voleva molto bene e, per me, è stato come un secondo padre. Un padre artistico.   Ti senti sicuro di fronte alla m.d.p.?   C.V. Assolutamente si. In Cera un cinese in coma, ho fatto unottima interpretazione, molto dolente, invecchiandomi e, dal punto di vista recitativo, sono stato ineccepibile.   In questi giorni si parla di rinascita del cinema italiano.   C.V. Andiamoci piano. Io sono convinto che sia un momento che fa sperare bene. Parlare di rinascita significa che cè una vera e propria esplosione di film. Quando arriveremo ad avere sei, sette, autori in un anno che fanno dei bei film, allora si potrà parlare di rinascita. Sono molto ottimista perché i giovani di 14, 15, anni vanno a vedere film come I cento passi o le opere di Muccino, di Moretti e questo fa ben sperare. Se fino allanno scorso non si muoveva niente, questanno è cambiato qualcosa. Vuol dire che il pubblico cerca di più la qualità. Anche perché la televisione, ormai, f
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