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Generazione perduta e rabbia nel cuore

"La prima linea" è un duro affresco di un gruppo di giovani terroristi che perdono il senso della realtà. Il film non fa sconti alla violenza politica, azzera le polemiche. Saggia la decisione di Occhipinti di non accettare il finanziamento pubblico.

La prima linea - Riccardo Scamarcio e Giovanna Mezzogiorno

12.11.2009 - Autore: Nicoletta Gemmi
Avremmo dovuto credere alla forza della ragione, invece scegliemmo la ragione della forza”, con queste parole Riccardo Scamarcio entra nei panni di Sergio Segio, l’ex-terrorista, e si racconta all’inizio del film “La prima linea” diretto da Renato De Maria, dal carcere di Torino dove è rinchiuso.
Ispirato a ‘Miccia corta’, il libro autobiografico di Segio, la pellicola scritta da Sandro Petraglia, Ivan Cotroneo, Fidel Signorile e prodotta da Andrea Occhipinti (che lo farà uscire il 20 novembre per la sua Lucky Red) insieme ai fratelli Dardenne – non deve far paura a nessuno e la frase pronunciata dal protagonista (dissociato, condannato all’ergastolo e uscito dopo ventidue anni nel 2004) non lascia dubbi. Nessuna giustificazione della violenza armata che il gruppo La prima linea attuò in Italia dal 1976 al 1984. Il film è un coraggioso tentativo di capire le utopie sbagliate di una generazione, mescolando la tensione dell’impegno con il cinema di genere. Occhipinti, alla presentazione del film, passa la parola ai Dardenne per quanto riguarda la sua decisione, resa nota ieri, di rinunciare ad ogni finanziamento statale dopo le polemiche che hanno preceduto la realizzazione del film. E Jean-Luc Dardenne afferma: “L’ho trovata una decisione coraggiosa e, in qualche modo, storica. Questo finanziamento avrebbe inquinato il nostro lavoro. Il film è più forte di ogni polemica”.

La prima linea

La prima linea” narra la storia di un ragazzo che a soli 25 anni, Sergio Segio (Scamarcio) organizza l’evasione dal carcere di Rovigo della compagna Susanna Ronconi (Giovanna Mezzogiorno). L’operazione riesce ma involontariamente muore un pensionato Angelo Furlan, 67 anni e una tessera del Pci in tasca. Da quel momento, tra immagini di repertorio e ricordi, Segio narra la sua storia d’amore con Susanna, gli inizi della clandestinità, il passaggio dai cortei alle armi e lo smarrimento colpevole di ragazzi che dai 21 ai 22 anni si sono macchiati di omicidi terrificanti, dimostrando di non sapere distinguere la coerenza dal fanatismo.

La prima linea

Quello che mi ha colpito maggiormente – ci dice De Mariaè stata l’età dei protagonisti di questa storia vera. Potevano avere una vita normale, vivere una storia d’amore come altre e, invece, decidono di isolarsi dal mondo, si distaccano completamente dalla realtà, convinti di avere dietro l’appoggio dei lavoratori, dei braccianti, di tutti gli uomini dai diritti calpestati. Ma non era così. Non avevano niente dietro di loro. Sono un gruppo di giovani che guarda il mondo per alcuni anni attraverso una parete, un vetro, un finestrino di una macchina, una cabina telefonica. Non solo i loro ideali sono staccati dalla realtà ma anche i loro sentimenti. Per loro ammazzare qualcuno non aveva il senso di un bersaglio preciso ma era come sparare ad una entità nemica. Hanno agito come fanno gli integralisti”. Aggiunge Luc Dardenne: “La prima linea ha una ironia spiazzante perché parla attraverso una storia d’amore della storia di un fallimento totale. E’ una pellicola sull’agonia. E’ un corteo funebre che trasporta i cadaveri del passato, dell’amore dei protagonisti, fino a quello dell’ultimo uomo che uccideranno”.

La prima linea

L’epilogo segna il cuore del film e il colpo fatale alle certezze rivoluzionarie di Segio che ammette: “La mia responsabilità è politica, morale e giudiziaria. Le assumo tutte e tre. Per inseguire un mondo migliore abbiamo rinunciato alla nostra umanità, che abbiamo definitivamente perso quando abbiamo preso un’arma in mano”.
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